Il brand del produttore, in un mondo del vino sempre più competitivo e affollato di etichette, è sempre più importante. Ed a detta di tutti gli studi e di chi vive il mercato tutti i giorni, è proprio ai brand più affermati e che offrono più sicurezze ai consumatori che ci si rivolge, in momenti di grande incertezza come quelli che stiamo vivendo. E se trovare un singolo vino che metta tutti d’accordo è sempre più complesso, tra i tanti marchi importanti del vino italiano, ce ne sono alcuni che, oltre ai consumatori, mettono d’accordo anche la critica italiana. Come emerge dal confronto delle 9 pubblicazioni, tra guide e classifiche, a “copertura nazionale”, edizione 2025, uscite nelle settimane finali del 2024, che comprendono le “classiche” e con maggiore “anzianità di servizio” (“Vini d’Italia Gambero Rosso”, con i suoi “Tre Bicchieri”, “I Vini di Veronelli” con le “Tre Stelle Oro”, “Bibenda” della Fondazione Italiana Sommelier, con i “Cinque Grappoli”, la “Guida Essenziale ai Vini d’Italia” di Daniele Cernilli, con i “faccini”, “Vitae” dei Sommelier Ais, con la “Gemma”, che da questa edizione simboleggia tutte quelle etichette che meritano un punteggio da 94 o più punti su 100, ed ancora “Vite, vigne, vini d’Italia Slow Wine” di Slow Food, con “Top Wine” e “Vino Slow”), a cui, per completare il quadro, sono state affiancate nel confronto tre pubblicazioni carattere peculiare: la guida “Vinibuoni d’Italia” - Tci (che, per sua scelta editoriale, prende in considerazione prevalentemente i vini da vitigni autoctoni, con i vini della sua “Top 300”), “I migliori 100 Vini e Vignaioli d’Italia” del “Corriere della Sera” (guida curata dal vicedirettore del giornale di via Solferino Luciano Ferraro e da James Suckling, che condensa il meglio del panorama enoico italiano in una selezione molto ristretta di vini) e “La Guida ai 1000 Vini d’Italia” de “L’Espresso”, curata da Luca Gardini (anch’essa dalla lista dei vini premiati molto selettiva, di cui abbiamo preso in considerazione i “I 110 cum laude”, mentre non è compreso nell’incrocio l’Annuario dei Migliori Vini Italiani di Luca Maroni, che segue il suo peculiarissimo concetto di valutazione del “vino-frutto”). Così, guardando solo ai massimi riconoscimenti ottenuti dai vini di ogni guida, emerge che è la toscana Fattoria di Petrolo, guidata da Luca Sanjust, e tra i riferimenti della piccola denominazione del Val d’Arno di Sopra, l’unica cantina con almeno un vino premiato dalle 9 guide e pubblicazioni selezionate. Ma al di là di questa peculiare e virtuosa eccezione, dalla lettura delle varie liste, si conferma uno zoccolo duro di aziende capace di produrre qualità con costanza nel tempo e varietà di prodotto. Con 8 guide su 9 ci sono perle del vino italiano come la trentina Tenuta San Leonardo della famiglia Guerrieri Gonzaga, la toscana Tenuta San Guido della famiglia Incisa della Rocchetta, culla del mito Sassicaia, ed ancora la siciliana Tasca d’Almerita, guidata da Alberto Tasca e tra le cantine che hanno fatto grande la Sicilia del vino nel mondo, passando per Ca’ del Bosco, tra i gioielli della Franciacorta, guidata da Maurizio Zanella, l’altoatesina Cantina Terlano, icona del territorio e cantina simbolo dei vini bianchi da lungo invecchiamento.
Ancora, poi, mettono insieme premi da 7 guide su 9 altre cantine di assoluto pregio, come le toscane Argiano, Tenuta Sette Ponti, Capezzana, Boscarelli, Isole e Olena, Ricasoli, Poggio di Sotto e Il Borro; le piemontesi Coppo, Pio Cesare, Vietti e Gaja; le venete Bertani, Brigaldara e Pieropan; le siciliane Donnafugata e Girolamo Russo; le altoatesine Elena Walch e Cantina Girlan; l’umbra Antonelli, la trentina Ferrari-Lunelli, la sarda Argiolas, la pugliese Gianfranco Fino, la marchigiana Oasi degli Angeli, l’abruzzese Torre dei Beati, la friulana Jermann e la campana Marisa Cuomo. Mentre a mettere d’accordo il pur ragguardevole numero di 6 pubblicazioni su 9, ci sono ancora griffe come le toscane Il Marroneto, Antinori, Tolaini, Badia a Coltibuono, Biondi Santi, Castellare di Castellina, Castello di Volpaia, Piaggia, Salvioni, Fontodi, Rocca delle Macìe, Casanova di Neri, Castello di Fonterutoli, Ornellaia, Brancaia, Castello di Ama, Giodo, Grattamacco, Altesino e Fuligni; le piemontesi Bruno Giacosa, Sottimano, Giovanni Rosso, Giacomo Fenocchio, G.B. Burlotto, E. Pira-Chiara Boschis, Cavallotto, Vajra, Braida, Cisa Asinari-Marchesi di Gresy, Domenico Clerico, Paitin e Giuseppe Rinaldi; le siciliane Palari, Pietradolce e Passopisciario; le abruzzesi Valentini, Nicodemi, La Valentina e Valle Reale; le venete Inama, Allegrini e Speri; le umbre Caprai, Leonardo Bussoletti e Palazzone; le campane Fontanavecchia, I Favati e La Sibilla; le lombarde Mosnel e Castello Bonomi; la pugliese Polvanera, la marchigiana Umani Ronchi, la friulana Livio Felluga, la laziale Famiglia Cotarella, l’altoatesina Tiefenbrunner e la lucana Cantine del Notaio.
Un buon numero di aziende (al netto di qualche improbabile ma possibile svista nel confronto, fatto ormai di centinaia e centinaia di etichette da verificare), dunque, quelle capaci di mettere d’accordo la voci più importanti, autorevoli e ascoltate della critica italiana. E che, non a caso, sono anche i nomi più ricorrenti di cui si trovano le referenze nelle carte dei vini di ristoranti, wine bar ed enoteche di tutta Italia.
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