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Vino & finanza: un binomio vantaggioso?
di Max Savelli

E’ da un po’ che questa coppia di parole, vino & finanza, viene pronunciata sempre con più frequenza, e ultimamente anche “Borsa Italiana SpA” si è occupata della possibile, ed auspicabile, convivenza tra il mondo della finanza e le aziende vitivinicole. Lo scopo di tale matrimonio è quello di offrire molteplici vantaggi che possono essere sommariamente riassunti in tre punti fondamentali: per il “sistema vino” possono nascere nuove opportunità, grazie alla possibilità di reperire risorse per implementare percorsi di crescita e di rafforzare la propria struttura patrimoniale; gli investitori possono trovare nel mondo del vino nuove opportunità di investimento alternativo, sia come investimento fisico che attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari, che vedono le proprie performance legate all’andamento del settore; la finanza può offrire ad entrambe le parti un background tecnico per la costruzione di strumenti che permettano la copertura dei rischi di mercato e la possibilità di trading.

Detto così, sembra abbastanza semplice e concretamente realizzabile, è necessario analizzare, però quegli elementi e scenari che vengono coinvolti in questo tipo di rapporto. Per quanto riguarda lo scenario competitivo possiamo affermare che l’Italia è il secondo produttore mondiale, occupando, invece, una posizione di leadership per le esportazioni. Il comparto vitivinicolo è il più importante per export e surplus nel settore agroalimentare. Non si può, però, non tenere in debita considerazione alcuni fenomeni che stanno contribuendo a cambiare tale scenario: stiamo assistendo ad una diminuzione delle quantità prodotte accompagnate da un eccesso di offerta, mentre le preferenze dei consumatori si stanno spostando sempre più verso la qualità. Inoltre, l’Italia non ha assunto un ruolo da protagonista nel crescente interscambio commerciale, subendo tra l’altro, la rapida affermazione dei prodotti del Nuovo Mondo.

Se a tutto questo aggiungiamo che si stanno avviando una serie di processi di concentrazione aziendale, è evidente la necessità di rafforzare quelli che già sono i fattori di competitività che contraddistinguono il settore vinicolo italiano. Bisogna accentuare il valore della tradizione italiana nei singoli brand, differenziando il prodotto in base alle diverse esigenze dei consumatori, senza perdere di vista, però, il buon rapporto qualità-prezzo. Ancora di più è indispensabile insistere sulla qualità e lo stile del prodotto, beneficiando anche delle economie di scala maturate in questi anni, che dovranno essere allargate anche alla capacità distributiva ed all’organizzazione logistica. Fondamentale risulta, infine, la semplificazione dei processi per accedere al capitale di rischio e di debito.

E’ proprio da quest’ultimo ambito in cui si può generare una stretta collaborazione, in quanto le caratteristiche dell’investimento nel settore vitivinicolo sono peculiari e richiedono un supporto specifico da parte del mondo della finanza, in funzione sia delle esigenze di investimento delle imprese, sia delle opportunità che possono essere rese disponibili agli investitori. Da una parte troviamo i lunghi periodi di ritorno per l’investimento ed una forte incidenza del capitale immobilizzato, a cui fanno da contr’altare l’incertezza sulla qualità dell’investimento, con possibilità, però, di ritorni elevati nel medio periodo, e la necessità di competenze nella scelta dei prodotti.

Come dicevamo, quindi, il supporto della finanza diventa fondamentale per creare delle modalità di credito specifiche per le esigenze del settore, fornire degli strumenti di finanziamento innovativi, creare dei fondi di investimento specializzati di cui abbiamo già degli esempi in Francia ed in Australia, permettere l’accesso al mercato azionario e garantire attività di private equity ovvero il finanziamento da parte di investitori istituzionali, in un'ottica temporale di medio-lungo termine, effettuato nei confronti di imprese non quotate e con elevato potenziale di sviluppo.

Diventa necessario, allora, superare quei limiti che fino ad ora hanno ostacolato una fattiva collaborazione tra vino e finanza, ovvero la dimensione limitata e l’eccessiva frammentazione delle aziende vinicole (e qui benvengano i processi di concentrazione), la convivenza in un’unica (nella maggior parte dei casi) compagine aziendale sia della proprietà agricola che della parte commerciale, la difficoltà di regolamentazione unita alla mancanza di prezzi di riferimento, oltre che, la limitata competenza degli intermediari sull’accesso al mercato azionario. Ad oggi sono soltanto 2 le società italiane del comparto vinicolo quotate in borsa (in Francia, 8; in Spagna, 4; in USA, 8; in Australia, 14) ovvero la Zignago Santa Margherita ed il gruppo Campari, ma da uno studio di Borsa Italiana Spa risultano ben 14 società che potenzialmente potrebbero accedere al mercato.

Senz’altro l’ultima manovra finanziaria (Decreto Legge n. 269 del 30 settembre 2003) favorisce l’accesso al capitale di rischio attraverso l’abbattimento dell’aliquota sul reddito per le imprese che si quotano e la detassazione dei costi di quotazione; prevede anche degli incentivi per i fondi specializzati che investono in piccole e medie imprese (al di sotto degli 800 milioni di euro) il che sarà utile per sviluppare una domanda professionale, che investa in modo efficiente in aziende dalle dimensioni ridotte. Ma la nuova legislazione procura vantaggi oggettivi anche per gli investitori, in quanto la riduzione dell’aliquota sui capital gains per gli “organismi di investimento collettivo in valori mobiliari” si riflette direttamente sul risparmio fiscale per i piccoli investitori.

Se, anche grazie alle nuove norme, si riusciranno a superare le difficoltà descritte precedentemente,
la quotazione dei prodotti finanziari legati al vino permetterà una maggiore trasparenza dei prezzi, che andrà a riflettersi su tutti gli attori del settore. I produttori potranno investire di più sulla promozione del marchio ed i distributori vedranno un ampliamento del mercato ed una maggiore flessibilità per l’approvvigionamento e la distribuzione; dall’altro lato, gli intermediari finanziari avranno a disposizione un nuovo mercato, caratterizzato da grandi potenzialità di crescita ed estremamente sensibile alle leve di marketing, e l’investitore retailer, vedrà aumentare la facilità d’accesso al mercato del vino di alta qualità e la nascita di una nuova opportunità di investimento.

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