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MERCATI INTERNAZIONALI

Vino e Dazi Usa, timidi segnali di risveglio, seppur in ritardo, da parte delle istituzioni italiane

Patuanelli (Sviluppo Economico): “dobbiamo tutelare i produttori, lavoriamo in questo senso”. Tutto tace, però, dagli Affari Esteri

Meglio tardi che mai, si dice, ma forse ora è davvero troppo tardi per intervenire. Ammesso che sia possibile farlo, in una disputa in cui, il vino, davvero non dovrebbe entrarci nulla, e che segue logiche e giochi di potere di ben altro peso. In ogni caso, ormai a poche ore da 13 gennaio, giorno in cui si chiuderà la consultazione pubblica lanciata dallo Ustr (United States Trade Representative), che influenzerà la decisione del Dipartimento del Commercio Usa sull’applicare o meno una nuova ondata di dazi, fino al 100%, sui vini d’Italia e d’Europa, come già riportato da WineNews ad inizio dicembre, anche le istituzioni sembrano, timidamente, svegliarsi. Ieri, nel salotto politico televisivo per eccellenza, “Porta a Porta” del giornalista-vignaiolo Bruno Vespa, su Rai 1, ieri il Ministro dello Sviluppo Economico ha dichiarato: “io credo che dobbiamo trovare il modo per garantire i nostri produttori, le eccellenze vinicole, in modo che non vengono applicati i dazi alla nostra produzione, stiamo lavorando in questo senso. Sappiamo benissimo che non è facile, ma è assurdo che per questioni che non riguardano il nostro Paese siano i nostri produttori a dover pagare per i dazi Usa, per una questione che non coinvolge l’Italia, ma Airbus e Boeing”. Quanto meno una presa di posizione davanti ad un pubblico vasto. Mentre, da quanto apprende WineNews, nessuna risposta hanno ottenuto dal Ministero degli Affari Esteri le associazioni di categoria (Federvini, Unione Italiana Vini, Federdoc, Assoenologi, Alleanza delle Cooperative, Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani, Copagri), che il 20 dicembre 2019 avevano scritto al Ministro di Maio, chiedendo di “di mettere in campo ogni possibile sollecitazione alle Istituzioni Ue ed ogni azione diplomatica diretta con il Governo Americano, perché riprendano immediatamente il dialogo ed il confronto, unitamente all’azzeramento dello strumento dei dazi”.
Intanto, le cantine italiane ed europee, ma anche gli importatori, i distributori ed i ristoratori Usa, stanno con il fiato sospeso per una misura che, a detta di molti, avrebbe conseguenze catastrofiche.
Per l’Italia, sottolinea la Coldiretti, sono a rischio oltre 1,5 miliardi di euro, il valore delle esportazioni di vino italiano in Usa, con gli States primo mercato straniero in assoluto per il Belpaese. Secondo alcune stime, come quelle di Ben Aneff, managing director of Tribeca Wine Merchants, riportate dall’agenzia Reuters, parlano addirittura di un costo di 10 miliardi di dollari per importatori, distributori e dettaglianti americani, con 78.000 posti di lavoro a rischio, se davvero dazi del 100% venissero applicati ai vini in arrivo dall’Ue, con il prezzo di alcuni vini che, a detta di molti, sarebbe destinato a crescere di colpo anche del 50%, andando, di fatto, fuori mercato. Con un impatto pesantissimo, evidentemente, anche sulle cantine d’Europa, e d’Italia in particolare. Le prossime ore, dunque, saranno cruciali per il settore del vino. Con la scadenza della consultazione che, peraltro, come sottolinea la Coldiretti, cade proprio al via della visita in Usa del vicepremier di Cina Liu He, per firmare la “fase uno” di un nuovo accordo commerciale tra gli States ed il Paese del Dragone. Da un lato un segnale che fa ben sperare in un cambio complessivo della politica commerciale Usa, che proprio dalla disputa con la Cina avevano iniziato ad introdurre nuovi dazi. Dall’altro, invece, un elemento in più di preoccupazione per un Europa che, tutt’altro che immune da difficoltà interne delle sue economie più importanti, rischia di rimanere schiacciata da un nuovo accordo economico tra superpotenze sull’asse Washington-Pechino.

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