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WINE SPECTATOR

Antinori e Gaja, “Wine Stars” del vino italiano, protagonisti in “New York Wine Experience”

Piero Antinori: “in mezzo secolo la rivoluzione del vino italiano”. Angelo Gaja: “ai miei figli dico: pensate diversamente e abbiate passione”

In un panorama del vino italiano le cui opinioni si dividono spesso, quasi su tutto, sono pochissime le figure di rilievo il cui prestigio e autorevolezza, supportate dai fatti, mettono d’accordo tutti, o almeno i più. Tra queste, in testa, ci sono due personaggi, su tutti, riconosciuti pionieri e apripista per il vino italiano nei mercati del mondo, quando non godeva del prestigio di oggi. Uno è Piero Antinori, espressione della nobiltà del vino italiano, erede di una storia familiare che, nel vino, è iniziata nel 1385 a Firenze - fortemente ancorata alla Toscana ma protagonista anche in tanti altri territori d’Italia e non solo - ma che sotto il suo decisivo impulso è diventata quella di una delle imprese del vino italiano più importanti in assoluto (oggi guidata dalle figlie Albiera, Allegra ed Alessia, e dall’ad Renzo Cotarella). L’altro è Angelo Gaja, testimone di quella borghesia moderna che ha fatto grandi le Langhe, difensore e simbolo degli artigiani del vino, che ha fatto della cantina di Barbaresco oggi guidata dai figli Gaia, Rossana e Giovanni, uno dei riferimenti qualitativi del vino mondiale. Tra le tante testimonianze e racconti sul loro ruolo, una è la “Top 100” della rivista Usa “Wine Spectator”, da sempre una delle più ambite ed influenti. Nel 1988, anno della prima edizione, Gaja era il produttore italiano più rappresentato, con ben quattro etichette, di cui la meglio piazzata del Belpaese, il Barbaresco Sorì Tildìn 1985, al n. 5, accompagnato dal Barbaresco, dal Barbaresco Costa Russi e del Barbaresco Sorì San Lorenzo, “figli” della stessa annata. Tra gli altri produttori italiani, l’unico con più di un vino premiato (due, per la precisione, con il Chianti Classico Peppòli 1985 e con il Santa Cristina 1985), era Antinori. Ancora, Gaja, nella classifica del 1993, è stato il primo a portare un vino italiano sul podio, al n. 2, con il Barolo Sperss 1988, mentre Antinori, nel 2000, fu il primo produttore del Belpaese a conquistare il n. 1 assoluto, con il suo Solaia 1997. Curiosità, che raccontano qualcosa del perchè Piero Antinori e Angelo Gaja (tra i pochissimi produttori italiani a finire nella copertina di “Wine Spectator”, ndr), siano stati, nei giorni scorsi, tra le “Wine Stars” (tra cui Sting e Trudy Stiler, produttori in Toscana con il Palagio, con la regia enologica di Riccardo Cotarella, ndr) i protagonisti della “New York Wine Experience” della rivista Usa, in quello che è ritenuto il più importante evento di promozione del vino in America (il principale mercato per l’Italia, ndr). Dove Piero Antinori, facendo degustare proprio il Solaia 1997, riporta “Wine Spectator”, ha sottolineato come, nella lunghissima storia del vino italiano che la sua famiglia ha attraversato, “l’ultimo mezzo secolo è stato il più eccitante”, perchè è stato quello in cui il focus si è spostato dalla quantità alla qualità. “Io lo chiamo Rinascimento, ma in realtà è una rivoluzione, e mi considero fortunato, perché mi è capitato di essere nel business in questo periodo di cambiamento molto eccitante”, ha detto Piero Antinori. Che ricordando la nascita del Solaia nel 1978, quasi per caso, lo ha definito come vino che “ha uno stile un po’ più internazionale di altri vini toscani, ma sempre mantenendo l’eredità toscana. Grande ma semplice allo stesso tempo; capace di andare dritto al cuore e dare grandi emozioni”.
“Ho 81 anni, e quello che dico ai miei figli è di essere capaci di pensare diversamente ... e di avere passione in quello che fanno”, ha detto, invece, collegato da Barbaresco in Langa, Angelo Gaja, mentre Gaia Gaja ha ricordato come “gli Stati Uniti sono stati il Paese più importante, e il primo tra tutti, nel mondo, a riconoscere la dignità dei vini italiani ed a incoraggiare i produttori artigianali a fare meglio”. Riflessioni ed esperienze di due personaggi, e di due famiglie, tra quelle a cui il vino italiano - che quando Antinori e Gaja iniziavano a girare il mondo per farlo conoscere e vendere era considerato “cheap & cheerful”, cioè “economico e divertente”, come racconta spesso Angelo Gaja, ed è oggi, grazie al lavoro di tanti, è settore trainante del made in Italy agroalimentare e tra i più capaci nel generare valore e ricchezza - deve davvero molto.

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