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ANALISI

Il vino rosato conquista gli Stati Uniti: opportunità e ostacoli per le produzioni italiane

Nella ricerca “Il mercato dei rosati negli Stati Uniti” firmata da Enolytics per Italian Trade Agency dati, trend di crescita e previsioni future
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La crescita del rosato

Gli Stati Uniti sono di gran lunga la prima meta per l’export del vino italiano, che, nei primi 8 mesi 2021, ha già ampiamente superato il muro del miliardo di euro (1,16 miliardi di euro) di spedizioni, in crescita sia sul 2020 (+22,7%) che sul 2019 (+19,4%). Un fatturato enorme, legato essenzialmente ai vini rossi, ai vini bianchi e alle bollicine, perlopiù quelle del Prosecco, mentre i rosati, sin qui, pesano a bilancio per soli 35 milioni di euro, pari al 13,63% delle importazioni complessive di vini rosati, con la Francia che pesa invece per il 72%, con fatturati che, nel 2019, hanno superato addirittura i 290 milioni di euro. Il mercato, però, come racconta l’analisi “Il mercato dei rosati negli Stati Uniti” firmata da Enolytics per Ita - Italian Trade Agency è molto più grande, e per l’83% è in mano ai vini dei produttori americani, con la Francia che, in valore, conta solo per l’11%. Ecco perché è tanto importante analizzare una tendenza che rappresenta la più grande novità sul mercato Usa, negli ultimi anni, insieme al Prosecco.

Un trend tutt’altro che esaurito ed in continua evoluzione, che l’Italia del vino deve imparare a conoscere per farsi largo nello scintillante mondo dei pink wines che, come racconta la ricerca, ha vissuto il suo “turning point” nel 2007, quando esplosero i consumi di vini rosati, diventati improvvisamente glamour, specie tra i Millennial, protagonisti a bordo piscina in una declinazione smaccatamente “Provence-style”, almeno nelle tonalità. Da allora, la crescita è stata inarrestabile: +1433% dei volumi venduti tra il 2010 e il 2020, e del 118% tra il 2015 e il 2020, quando il vino fermo, nel suo complesso, ha registrato un misero +1,5%.

E le cose sono destinate ad andare bene anche in futuro, con le previsioni Iwsr che parlano +70% tra il 2020 e il 2024. Insomma, i rosati sono in piena dinamica espansiva, con tanto potenziale da offrire, specie se si guarda ai formati alternativi (come le lattine) e alle giovani generazioni, in un’ottica di totale destagionalizzazione dei consumi, come accaduto con il Prosecco. Inoltre, i rosati si stanno ritagliando uno spazio di tutto rispetto sia sugli scaffali delle enoteche che sulle wine list dei ristoranti, e rispondono perfettamente alle richieste di un mercato che chiede sempre più vini a gradazione alcolica inferiore.

Guardando ancora al futuro, il Paese d’origine avrà meno importanza per i brand più importanti, perché il Climate Change impatta negativamente sulle produzioni e le disponibilità, mentre il colore è decisamente più rilevante agli occhi del consumatore medio. Altro trend su cui puntare sono le opportunità offerte dagli sparkling rosé, come dimostra il successo della versione in rosa del Prosecco. E poi, come detto, i formati alternativi, con i rosati in lattina cresciuti del 2% nel 2020, contro il -3% delle bottiglie, ma anche gli spazi ancora tutti da esplorare in Stati come Florida e Georgia, dove l’estate dura praticamente tutto l’anno.

Tutto “roseo”, quindi, il futuro per i rosati? Non proprio, perché qualche ostacolo comunque esiste. In primis, l’eccesso di offerta cui si trova di fronte il consumatore, con un consolidamento dei grandi brand specie nell’entry level, mentre lo spazio per crescere ci sarà ancora sulla fascia intorno ai 20 dollari a bottiglia. Anche il momento storico non è dei migliori, perché il crollo dei consumi del 2020 ha portato ad un’erosione dei prezzi per le annate 2018 e 2019, con la 2020 che tarda ad arrivare sul mercato. Neanche il cambio sfavorevole tra dollaro ed euro aiuta il mercato, così come le tariffe sulle importazioni - da Francia, Germania e Spagna - che insieme alla pandemia ha portato ad un crollo delle importazioni Usa nel 2020 di 4,5 milioni di casse (pari a 54 milioni di bottiglie).

Tornando al quadro generale, i vini rosati valgono il 7,1% del mercato del vino Usa a valore, ed il 9,3% a volume. I pink wine sono i più economici sul mercato: una cassa costa in media 72,72 dollari, contro i 105,46 dollari dei vini rossi e gli 87,47 dollari dei vini bianchi. Si parla di 6 dollari a bottiglia allo scaffale, un prezzo che non può interessare alle produzioni italiane, e infatti il mercato dei rosati sotto i 10 dollari è per l’85% in mano ai produttori Usa, quota che si riduce al 60% nella fascia 10-20 dollari, con la Francia che sale al 30% e l’Italia al 5%. Allo stesso modo, sopra i 20 dollari l’87% del mercato è in mano ai vini francesi, principalmente della Provenza, il 10% agli americani e il 2% agli italiani. Ed è qui, alla fascia sopra i 20 dollari, che l’Italia può e deve puntare, dimostrando di avere le carte in regola per erodere quote alla Francia.

Per avere successo, infine, bisogna conoscere il consumatore. Una delle grandi fortune del rosato, è che si tratta di un vino decisamente “gender-neutral”, testimone di un modo di bere vino leggero e spensierato, sempre aperto all’innovazione. I rosé, nell’immaginario comune, sono vini semplici, su cui non c’è bisogno di sapere molto per sentirsi a proprio agio nel berli, non sono considerati una minaccia (come invece accade con altri vini), e poi “rosé” è semplice da pronunciare, ed i vini non sono legati ad una varietà specifica, aspetto che va contro all’approccio enoico dell’Italia, dove varietà autoctone e territorialità hanno un valore ed un peso specifico enormi. Inoltre, i rosati oggi corrispondono ad un ideale ben preciso: sono rosa salmone, come quelli prodotti in Provenza, bellissimi da fotografare e da condividere sui social, il regno incontrastato dei più giovani, con hashtag come #roseallday, #hamptonwater o #rosealldamnday che imperversano su Instagram.

Il consumatore medio di rosé, in definitiva, è donna, tra i 30 e 40 anni, della classe media. Secondo i dati analizzati da Enolytics, infatti, c’è il 13% in più di possibilità rispetto alla media che una donna acquisti un vino rosato online, possibilità che, tra gli uomini, è del 15% inferiore alla media. A livello generazionale, tra i Millennials la possibilità di acquistare un rosato è del 25% superiore alla media, e del 14% in più tra chi fa parte della Gen X, mentre le possibilità sono del 14% inferiori alla media tra i Boomers e tra la Gen Z, e addirittura del 44% inferiori alla media tra la Silent Gen. L’appartenenza ad una determinata classe sociale, infine, rappresenta una varianza decisamente trascurabile, anche se tra i membri della classe media c’è una propensione del 2% sopra la media a scegliere un vino rosato.

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