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COMUNICAZIONE

Francia, gli influencer del vino contrari alla legge Evin: via 37 post da Facebook ed Instagram

Una sentenza del Tribunale di Parigi ribadisce i principi ed i confini della legge che, dal 1991, regola la pubblicità degli alcolici nei media
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L’attività degli influencer sui social 

In Francia la pubblicità degli alcolici, e quindi del vino, è regolamentata dalla legge Evin, relativa alla lotta contro il tabagismo e l’alcolismo, che risale al lontano 1991, per la quale è vietata la pubblicità televisiva e cinematografica, diretta o indiretta, delle bevande alcoliche. Una scelta che, all’epoca, fece molto discutere, specie in ambito europeo. Almeno fino alla sentenza del 2004 con cui la Corte di Giustizia Ue ribadì la legittimità della norma francese (respingendo il ricorso della Commissione Europea), stabilendo che la tutela della salute prevale sul mercato. La stessa normativa, del resto, autorizza altre forme di pubblicità per le bevande alcoliche, ad esempio a mezzo stampa, per radio (tranne in determinate ore) e mediante manifesti e insegne, ma solamente informativa e senza che evochi associazioni con feste e socializzazione.

Così come i media, anche la legge Evin si è adeguata ai veloci cambi di contesto, e fino al 2009 la pubblicità degli alcolici su internet è stata vietata. Quel divieto è stato quindi allentato e limitato, ma come per la pubblicità a mezzo stampa, anche quella online deve sempre riportare il warning: “L’abuso di alcol è dannoso, consumare solo con moderazione”. Tra le pieghe della legge Evin - ma il problema, anche visto dall’Italia, è ancora più ampio - c’è però una zona grigia: i social. Gli influencer, infatti, si muovono in un ambito estremamente sfumato, difficile da regolamentare ed inquadrare. Fanno comunicazione, ma anche promozione, e spesso e volentieri pubblicità.

Ne è convinta l’associazione francese Addictions France, in prima linea contro ogni genere di abuso contrario alla legge Evin e non solo, che attraverso la sua entità giuridica, l’Association Nationale de Prévention en Alcoologie et Addictologie, qualche mese fa ha denunciato al tribunale di Parigi la sponsorizzazione - contraria a quanto stabilito dalla legge Evin - degli alcolici sui social, segnalando 37 contenuti curati da 20 diversi influencer, che insieme sommano 5 milioni di follower. Come detto, dal 2009 le maglie sono un po’ più larghe, ma comunque gli alcolici non si possono pubblicizzare sui siti destinati ai minori, e non si può promuoverne il consumo in un contesto attrattivo e festoso. Il quadro legale, perciò, è piuttosto definito, e difatti a gennaio di quest’anno il Tribunale di Parigi ha costretto il gruppo Meta (Facebook e Instagram) a ritirare i 37 post ritenuti non conformi alla legge Evin.

“È chiaro che queste pubblicazioni, associando immagini di momenti di festa, viaggi, momenti di relax, vacanze e vita quotidiana, si mostravano a un numero molto importante di utenti, e mirando a utilizzare la notorietà dei titolari degli account Instagram allo scopo di pubblicizzare bevande alcoliche, i brand di alcolici (tra cui Gray Goose, Heineken, Laurent Perrier, Havana Club e Apérol, “tracciati” semplicemente attraverso gli hashtag, ndr) vanno oltre il quadro giuridico previsto dalle disposizioni dell’articolo L3323-4 del Codice di sanità pubblica, e in quanto tali costituiscono pubblicità illegale”, si legge nelle motivazioni della Corte. Per Addictions France è una vittoria storica, anche se l’attività social è talmente imponente e veloce che tenerne traccia diventa davvero una sfida. 

Vista da qui, è l’ennesima conferma della distanza abissale, almeno nell’approccio, che separa Italia e Francia sul fronte della comunicazione e della tutela del vino, così come delle priorità. Una distanza che, inevitabilmente, è destinata ad influenzare moltissimo l’attività politica all’interno della Ue, a partire dalla lotta agli health warning voluti dall’Irlanda, su cui il Governo di Parigi non pare intenzionato a fare le barricate. Conscio che, da oltre trent’anni, le proprie politiche a tutela della salute pubblica sono in contrasto con i principi del libero mercato, a cui sono comunque gerarchicamente superiori.

 

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