Quello del Sagrantino di Montefalco è un caso senza precedenti nella storia del vino italiano: un vitigno ed un territorio quasi sconosciuti che in dieci anni hanno raggiunto i vertici enologici internazionali, sono stati osannati da guide e riviste specializzate e celebrati dagli appassionati. Un’esplosione di notorietà di tale portata da essere divenuta in questi giorni oggetto di studio da parte di autorevoli economisti, impegnati ad analizzare i fattori di successo del Sagrantino di Montefalco per ricavarne un modello esportabile in altre realtà. Colui che ha condotto alla ribalta delle cronache questa ignota Cenerentola del vino è Marco Caprai, il primo a credere e a scommettere sulle potenzialità del Sagrantino - creato come vino da messa nel Medioevo dai seguaci di San Francesco - quando nessuno lo conosceva, fungendo con il suo impegno da stimolo per molti altri produttori e trasformando Montefalco in uno dei terroir più ambiti del Paese.
Tre sono stati gli ingredienti fondamentali che hanno permesso a Marco Caprai di far entrare a pieno titolo le sue etichette nel gotha vinicolo internazionale: capacità imprenditoriale, continui investimenti nel lavoro di ricerca, forte determinazione e convinzione. Quella che il Sagrantino, vitigno quasi dimenticato, avesse un enorme potenziale da esprimere. Il sogno di un giovane ostinato armato solo delle sue certezze è oggi diventato realtà. La sua azienda (fatturato 4,5 milioni di Euro), che conta 110 ettari di vigneto e produce ogni anno 600.000 bottiglie - di cui 120.000 di Sagrantino - è un modello esemplare di innovazione, proiettata al futuro e all’eccellenza qualitativa attraverso un continuo impegno nel reperimento di competenze e sperimentazioni e nella realizzazione di un nuovo modello produttivo.
Il suo Sagrantino di Montefalco 25 Anni è considerato uno dei nuovi classici della nostra enologia, a parere pressoché unanime delle guide più importanti. Gambero Rosso/Slow Food gli assegna ininterrottamente i Tre Bicchieri da ben 6 anni, premiandone l’eccezionale costanza qualitativa. La Guida di Veronelli gli attribuisce Tre stelle, la Guida dell’Espresso lo valuta in 16/20, la Guida dell’Associazione Italiana Sommelier gli conferisce i Cinque grappoli. Gli ultimi anni hanno riservato momenti di grande soddisfazione personale a Marco Caprai: come nel 2001, quando gli è stato assegnato l’Oscar del Vino nella categoria Miglior Produttore, o quando il suo Sagrantino di Montefalco è stato servito per il matrimonio hollywoodiano tra Michael Douglas e Catherine Zeta-Jones.
La storia di un successo: a tu per tu con Marco Caprai
Come è nata l’azienda vinicola Caprai?
«Tutto è cominciato nel 1971, quando mio padre Arnaldo, imprenditore tessile, ha acquistato la tenuta Val di Maggio, nella zona di Montefalco - spiega Marco Caprai - C’era poco più di un ettaro di vigneto, mio padre ne ha impiantati altri cinque, tutti a Sagrantino. A Montefalco in quegli anni sopravvivevano poche aziende, ancorate alla vecchia tradizione del Sagrantino dolce: si cominciava allora a parlare della Doc Montefalco (approvata nel 1979) con due distinte tipologie, versione secca e passita»
Poi nel 1992 è arrivata la Docg…
«Alla metà degli anni Ottanta tra i produttori di Montefalco ci fu un momento di incertezza, non era ben chiaro in che direzione procedere. Poi all’interno del gruppo prevalse la volontà di valorizzare il vitigno ed il territorio attraverso la richiesta della Docg. Eravamo una decina di aziende, tra cui alcune di piccolissime dimensioni, ma tutte unite e decise ad andare avanti con un nuovo disciplinare che puntasse ad un Sagrantino in versione secca e ad una qualità più elevata, anche se ciò avrebbe comportato una serie di sacrifici ed investimenti in più. Io mi sono battuto in prima persona per l’ottenimento della Docg, un riconoscimento fondamentale per la valorizzazione e il rilancio del Sagrantino»
Facciamo un passo indietro. Come nasce la tua esperienza in azienda?
Cominciai ad occuparmene nel 1988, a 24 anni: ero animato da una profonda passione, ed il mio chiodo fisso era produrre un grande vino sfruttando le potenzialità del Sagrantino. Non c’erano, in zona, altri esempi da seguire, ho dovuto aprirmi da solo la strada. Il primo problema con cui mi scontrai fu il mistero che circondava questo vitigno, di cui si sapeva molto poco. Decisi di rivolgermi agli esperti, ritenendo indispensabile avviare un processo di ricerca e sperimentazione. Nel 1990, attraverso il Consorzio Tutela di Montefalco - di cui ero direttore - chiesi una collaborazione al professor Leonardo Valenti dell’Università di Milano: successivamente, il Consorzio decise di intraprendere altre scelte, e da allora il professor Valenti continua a collaborare esclusivamente con l’azienda. Iniziò in quel periodo una vasta quanto complessa opera di mappatura dei cloni presenti nell’area di Montefalco: nel 1993 venne creata una “banca del genotipo” che comprende tutti i potenziali cloni trovati, anche quelli meno interessanti, per non impoverire la biodiversità del territorio. Lo scopo non era trovare “il” clone ideale di Sagrantino, quanto di individuare il giusto mix di caratteristiche che in vigneto assicurassero al vino una maggiore complessità ed uno spettro aromatico il più ampio possibile. Per questo motivo i vigneti dell’azienda sono tutti policlonali»
Questa sperimentazione continua tuttora?
«Il processo di ricerca non si è mai interrotto. La sperimentazione viene effettuata su diversi fronti: i cloni (che andranno in omologazione entro quest’anno), i metodi di coltivazione, i vitigni stranieri meno conosciuti, le tecniche di cantina. In azienda esiste un reparto permanente di Ricerca & Sviluppo in cui lavorano tre agronomi in pianta stabile. Inoltre ogni anno offriamo una borsa di studio ad uno studente della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano: sul Sagrantino sono già state fatte dieci tesi di laurea! La mia filosofia è di non accontentarmi mai, sono convinto che esiste sempre un margine di miglioramento. E poi mi piace guardare al futuro…»
Un futuro che passa anche per Internet…
«Credo molto nelle nuove tecnologie. Per questo ho voluto un sito istituzionale particolarmente curato, sia da un punto di vista tecnologico sia grafico, ma anche friendly. Due anni fa abbiamo lanciato il Nero Outsider, pinot nero in purezza acquistabile esclusivamente via web, che ha ottenuto un successo sbalorditivo. Nel giro di pochissimi giorni abbiamo esaurito tutte le 1.000 magnum: chi lo ha acquistato ha ricevuto la bottiglia in cassa di legno numerata e certificata. Visto il consenso che abbiamo ottenuto stiamo pensando di ripetere l’iniziativa in futuro, puntando esclusivamente sui vitigni internazionali»
L’ultimo riconoscimento in ordine di tempo arriva da Hugh Johnson, wine writer inglese che firma la guida più venduta al mondo e che del Sagrantino Caprai scrive “splendido e ampiamente imitato”. Cosa pensi del fatto che i tuoi vini siano diventati un “modello” da seguire per gli altri produttori?
«Sono soddisfatto del grande successo che stanno conoscendo il territorio ed il vino di Montefalco, perché lo considero in parte un mio successo personale. Certo la strada da fare è ancora lunga, ed è fondamentale mantenere alto il livello qualitativo generale per non rischiare di incrinare la nostra immagine di fronte al mondo. Sono onorato di essere un modello per chi produce il Sagrantino, ma anche convinto che ognuno debba trovare un suo stile personale ed unico»
Da poco è nata la Strada del Sagrantino, un ulteriore passo in avanti per la promozione del territorio.
«L’Umbria è ormai inserita nelle grandi classifiche turistiche nazionali (vi sono in proposito ricerche del Censis) ed internazionali: la sua immagine è strettamente legata al Sagrantino di Montefalco, che ne è diventato il simbolo. I vini della nostra regione sono una realtà sempre più importante: occorre valorizzarli investendo su promozione e cultura. La Strada del Sagrantino, prima strada del vino secondo le nuove normative, è un’ulteriore passo avanti per l’affermazione del territorio e della sua tipicità».
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