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SE IL FUTURO DEL VINO PASSA PER I MERCATI ESTERI, UN OCCHIO DI RIGUARDO VA AI PAESI BRIC: LA RICETTA VINCENTE LA SPIEGA A WINENEWS GIANLUCA BISOL, A CAPO DELLA GRIFFE DEL PROSECCO CHE, IN QUESTI PAESI, E’ CRESCIUTA DEL 650% TRA IL 2009 E IL 2012

Se il futuro del vino italiano passa per la crescita sui mercati esteri, un occhio di riguardo va riservato alle economie emergenti, i famosi Paesi Bric - Brasile, Russia, India e Cina, nazioni lontane e diverse, da un punto di vista legislativo e, più semplicemente, di gusti, legate però da un unico fil rouge, quello di fare da traino alla crescita economica mondiale. A coglierne al meglio le peculiarità, riuscendo a “sfondare”, la griffe del Prosecco, Bisol, che, tra il 2009 ed il 2012, ha incrementato le proprie quote del 650%, chiudendo il fatturato 2011 a quota 13 milioni di euro, equamente diviso tra Italia, Europa e Resto del Mondo, puntando forte sul canale horeca. “Per avere successo bisogna rendersi conto delle peculiarità dei mercati in cui si va - spiega a WineNews Gianluca Bisol, a capo dell’azienda - senza dimenticare mai il prodotto ed la sua identità. Nel caso del nostro Prosecco, in molti Paesi del Sudamerica è stato importante puntare sul glamour che le bollicine esercitano sulle fasce dei nuovi ricchi, creando un nuovo modello di socialità. Ma non dimentichiamoci che ogni Paese ha le proprie peculiarità e quello che vale in Brasile, ad esempio, non vale in Cina”.
Tra i tanti fattori che concorrono a formare il gusto dominante, il clima, che fa andare forte le bollicine nelle Regioni più calde e le “svantaggia” in Cina, dove “la preferenza dei consumatori - continua Bisol - è a favore dei vini rossi, e dove la competizione con la Francia ci vede in netto svantaggio: la nostra quota di mercato, seppur in crescita, è ancora al 5% contro il 45% dei cugini d’Oltralpe”. In Russia, invece, nonostante faccia tutt’altro che caldo per buona parte dell’anno, è “fortissima la sensibilità al concetto di glamour, alla bollicina come status symbol, ecco perché la leva in grado di aprire il mercato è stata Venezia, città sofisticata ed attraente nell’immaginario della vacanza di lusso: dire che a Venezia si beve Prosecco aiuta molto a trasmettere questo tipo di identità”.
Ma non è certo tutto rose e fiori, perché sull’export nei mercati di Russia e Brasile pende perennemente la spada di Damocle dei dazi: “in Brasile - continua Bisol - si parla di un probabile raddoppio dei dazi, una misura rispetto alla quale non abbiamo strumenti per reagire, se non affidarci alla diplomazia dei Governi sperando in un passo indietro. È comunque importante ricordare che stiamo parlando di prodotti che in Paesi come il Brasile (che vale il 20% dell’export di Bisol nei Paesi Bric) costano molto: per crescere non dobbiamo pensare alla competitività dei prezzi, ma ad altre leve, come l’immagine dell’Italia che i nostri vini si portano dietro”.
Una problematica che riguarda anche la Russia, il mercato di riferimento per Bisol, con il 55% delle quote di export dei Paesi Bric, ma non la Cina, un Paese in cui Bisol esporta il 25% del totale dei Paesi Bric, e dove “l’Italia, se seguisse la scia della Francia, avrebbe enormi margini di crescita. Credo che la sfida più grande - conclude Bisol - per noi come per tutte le aziende del vino italiano, sia quella di erodere le quote di mercato della Francia, esattamente come abbiamo fatto in Germania e Stati Uniti, e questo dobbiamo farlo aggregando le aziende in un progetto di distribuzione in Cina, perché il fattore squadra è fondamentale per vincere, ed i francesi ce lo insegnano con le loro reti di distribuzione presenti ormai da anni”.

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