L’Italia è una formidabile rappresentazione del solidissimo incrocio tra storia, individualità e bellezza. E proprio da questo incrocio, che la vocazione agricola ha saputo trasformarsi in impresa agroindustriale e i cento campanili si sono trasformati in arte e bellezza, riconosciute universalmente. Una evidenza quasi scientifica che troverebbe nell’economia del turismo il suo naturale sbocco. Eppure ci sono ancora molti ostacoli alla piena realizzazione di questo scenario. Da Montefalco, territorio ormai nel firmamento dell’Italia del vino grazie soprattutto allo sviluppo imprenditoriale animato da Marco Caprai, arrivano alcuni importanti percorsi di riflessione sul tema, nel convegno “Essere per agire. La centralità dell’uomo, l’etica dell’operare”, appuntamento per “pensare un futuro possibile” della kermesse del Sagrantino “Enologica 34”, dove l’incrocio di interessi diversi, arte, paesaggio, territorio e vino, sembrano non entrare più in conflitto ma interagire in un intreccio armonioso di diversità.
E’ il senso profondo del concetto di sostenibilità, di un territorio, dei suoi prodotti/servizi ma non solo, che a Montefalco è declinata nel progetto a tutto tondo “green economy”, e che rappresenta una via da percorrere fino in fondo specialmente in un periodo segnato dalla crisi come quello attuale. Sostenibilità è un’idea, uno stile di vita, un modo di produrre, un equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie. Concerne anche il modo di operare sulla situazione corrente e su quella a venire e non può fare a meno dell’interazione consapevole di tutti i soggetti, pubblici e privati. Una nuova socialità che trova la sua forza nella mutua e reciproca interazione di tutti per un obbiettivo comune.
“Non c’è cosa che più del vino - suggerisce il sociologo Aldo Bonomi, direttore Centro Studi Aaster - rimanda allo scheletro contadino dell’Italia. Il lavoro del produttore di vino sta tra la terra e il territorio e il produttore è colui che prima di tutto pensa il territorio e poi lo abita. Lo pensa con le sue implicazioni storiche ed identitarie per immetterlo nella modernità. I vignaioli non solo salvaguardano il territorio ma lo ripensano giorno dopo giorno”.
Il viticoltore è, in un certo senso, un “conservatore”: tende a mantenere e a lavorare sul proprio ambiente perché questo riesca a non perdere le sue caratteristiche principali. Di più, anche dal punto di vista dell’immagine, l’ambiente, il paesaggio e la sua integrità funzionano da volano per la promozione e la vendita del prodotto finito. Quindi l’azienda vitivinicola porta con sé, per sua stessa essenza, i “germi” della sostenibilità.
Siamo in una fase di trasformazioni e probabilmente “il capitalismo attuale concilia pienezza e limite - prosegue Bonomi - mette insieme qualcosa che prima era inconciliabile. La green economy in questo senso incarna questa trasformazione e anche in questo caso i produttori di vino sanno bene dove “mettere le mani”, perché conoscono bene il concetto di limite”.
E qui torna in tutta la sua forza il concetto di sostenibilità, che indica la capacità di un ecosistema di mantenere processi ecologici, fini, biodiversità e produttività nel futuro. Perché un processo sia sostenibile esso deve utilizzare le risorse naturali ad un ritmo tale che esse possano essere rigenerate naturalmente. Sono emerse oramai chiare evidenze scientifiche che indicano che l’umanità sta vivendo in una maniera non sostenibile, consumando le limitate risorse naturali della Terra più rapidamente di quanto essa sia in grado di rigenerare. Di conseguenza uno sforzo sociale collettivo per adattare il consumo umano di tali risorse entro un livello di sviluppo sostenibile, è una questione di capitale importanza per il presente ed il futuro dell’umanità.
Tutto questo però deve essere comunicato, deve essere spiegato al modo che ci guarda. “L’Italia - continua Bonomi - è una formidabile rappresentazione del solidissimo incrocio tra storia, pluri-individualità e bellezza. E proprio da questo incrocio, che la vocazione agricola ha saputo trasformarsi in impresa agroindustriale e i cento campanili si sono trasformati in arte e bellezza, riconosciute universalmente”.
Il tutto trova, ma sarebbe meglio dire, troverebbe una formidabile sintesi nell’economia del turismo, che però in Italia non sembra essere quella economia fondamentale che da più parti viene giustamente indicata come una delle principali vie d’uscita dalla crisi attuale.
“Dal punto di vista della rappresentazione di un Paese - afferma Pier Luigi Celli, presidente di Enit (l’Agenzia Nazionale del Turismo) - bisogna che ci sia, prima di tutto, qualcosa da rappresentare e, immediatamente dopo, qualcuno che guarda questa rappresentazione. Ma l’oggetto della rappresentazione si inserisce necessariamente in qualcosa di più vasto, in un contesto. Il contesto - prosegue Celli - rimanda ad una identità e quella identità è tanto più efficace, quanto più esprime credibilità, dignità e differenziazione. L’attuale crisi del turismo italiano non dipende tanto dalla mancanza di un contenuto reale nella rappresentazione del nostro Paese, quanto proprio dalla mancanza di peso ideale della nostra identità, che comunica immediatamente scarsa credibilità. Nella scala gerarchica Paese-territorio-prodotti/servizi, l’Italia non ha problemi. I territori sono una vera e propria sorgente di ricchezza, ma è proprio il contesto che li rappresenta in malo modo. Il compito principale che ci aspetta è dunque quello di ridare dignità ad un Paese, che ha pericolosamente speso male le proprie potenzialità, mettendo in crisi perfino la propria immagine. Abbiamo costruito una frammentazione localistica della nostra rappresentazione che ha generato un’errata presunzione nella quale ogni territorio si considera migliore degli altri, proprio perché la considerazione dell’Italia nel suo complesso è considerata essa stessa un ostacolo. Il recupero di una dimensione più complessiva non è soltanto necessaria ma obbligatoria, perché all’estero i territori possono essere valorizzati soltanto da una idea positiva complessiva ed identitaria. L’Italia ha frammentato molto i suoi territori, ma anche l’idea stessa di nazione e per questo - conclude Celli - trasmette un’idea negativa che rimanda alla discontinuità”. Esattamente l’opposto del concetto di sostenibilità che, prima di tutto, è la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto ad un certo livello indefinitamente.
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