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“Liberalizzazione” vitigni in Ue, Paolo de Castro: “dopo le parole di Hogan, non emergono rassicurazioni concrete sulla questione, rimaniamo preoccupati”. L’elenco dei vitigni tutelati rimarrebbe, ma la norma, spiega, sarebbe aggirabile

Italia
Paolo De Castro

Continua a tenere banco la questione sulla “liberalizzazione” dell’uso del nome di alcuni vitigni indissolubilmente legati ad alcune espressioni identitarie italiane. Perchè dopo le rassicurazioni sul mantenimento dello “status quo” da parte del Commissario all’Agricoltura, a parole, i fatti, come ha spiegato ieri a WineNews.tv il coordinatore per il Gruppo dei Socialisti e Democratici della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro, ancora non arrivano.
“Dal documento di lavoro predisposto a seguito del Comitato di gestione della Commissione Europea - spiega De Castro - non emergono rassicurazioni sulla proposta di liberalizzazione dell’uso dei nomi dei vitigni fuori dalle attuali zone di produzione. È doveroso innanzitutto ricordare la preoccupazione e, quindi, la richiesta formulata dal mondo produttivo: mantenere lo status quo ovvero l’attuale livello di tutela delle nostre Dop e Igp, non modificando le regole vigenti che disciplinano l’uso di quei nomi di varietà che comprendono, per l’appunto, una Dop o una Igp. La nostra preoccupazione è nata dopo aver visto nero su bianco, lo scorso anno, le proposte presenti nei primi documenti di lavoro con i quali la Commissione ha avviato la discussione con gli Stati membri per sondare le diverse sensibilità in campo e capire quali fossero i margini di manovra. Nell’ultimo documento, invece, circolato la settimana scorsa - prosegue De Castro -, la Commissione ha formulato una proposta che solo apparentemente mantiene lo status quo, ma che nei fatti non offre alcuna garanzia ai produttori italiani. Da un lato, l’esecutivo Ue dice di mantenere l’allegato con l’elenco dei nomi di vitigno in questione così come lo conosciamo oggi, poi però fissa una condizione d’uso che non ci dà garanzie per il futuro. Per utilizzare i nomi presenti nell’elenco, infatti, sarebbe sufficiente avere un disciplinare di produzione e fare una notifica alla Commissione. Come dire: domani la Romania o la Spagna, Paesi che oggi non possono utilizzare, ad esempio, il nome Lambrusco, con un disciplinare di produzione e una notifica alla Commissione potrebbero produrre il Lambrusco di Madrid, piuttosto che il Lambrusco di Bucarest.
Una prospettiva inammissibile che tutto il mondo istituzionale, senza distinzione alcuna, deve scongiurare.
Se poi, a seguito del lavoro già compiuto e dopo l’incontro tra il ministro Martina e il commissario Hogan di lunedì scorso, l’esecutivo ha già predisposto un nuovo documento di lavoro, che va nella direzione da noi auspicata - quindi quella del mantenimento dello status quo - sarebbe un primo segnale che ci fa ben sperare. Ma da quel che ci risulta quel testo ancora non c’è e la guardia va tenuta alta. Le regole fino a oggi in vigore hanno funzionato bene - conclude De Castro - e proprio per questa ragione dobbiamo lavorare coesi affinché vengano mantenute a tutela del reddito dei nostri produttori, senza interpretazioni parziali o volutamente fuorvianti che hanno il solo scopo di screditare i rappresentanti di altre forze politiche, disorientando gli addetti al settore”.

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