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Il freno alla crescita del settore enoico? La burocrazia. La pensa così anche l’ex Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, che, a WineNews, racconta il suo approdo nel mondo del vino, con un pugno di ettari fuori Roma ...

Italia
Reanto Brunetta, ex Ministro e vigneron

Se c’è un freno alla crescita, o comunque al normale sviluppo del settore enoico in Italia, è senza dubbio la burocrazia, nel mirino del Testo Unico del Vino nato proprio con l’obiettivo primario di rendere più snelle le procedure amministrative tra vigna e cantina, ma ancora in attesa degli ormai famosi 36 decreti attuativi. La pensa così anche l’ex Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta, che da un punto di vista economico, nel vino vede “potenzialità enormi - racconta a WineNews - soprattutto come fatto simbolico del made in Italy. Perché sempre di più il vino è un attrattore, un veicolo, un trascinatore, attorno al vino si costruiscono tante storie di immagine, tante storie di qualità, tante storie di cultura, che poi vuol dire attrazione, che poi vuol dire turismo, che poi vuol dire interscambio. Il vino diventa un veicolo di connessione, di connettività, costruisce reti umane, culturali, sociali ed economiche. Ma ha bisogno di semplificazione burocratica: io sono stato Ministro della Pubblica Amministrazione e ho puntato i miei tre anni e mezzo alla semplificazione burocratica, è stata una battaglia difficilissima, ho cercato di fare qualcosa. Adesso che sono fruitore di burocrazia, soprattutto in agricoltura, ho visto che è spaventosa. Spaventosa. Ammazzerebbe anche un toro. E quindi la prima cosa che farei, ripeto, è la semplificazione burocratica. Metterei a disposizione in maniera gratuita per tutti i giovani imprenditori un tutor, che gli risolva tutti i problemi burocratici. Perché uno degli elementi che ho visto, dando una mano a questa azienda, sono gli enormi costi di gestione burocratica, perché un giovane, ma anche un meno giovane come me, da solo non ce la fa. E quindi deve prendersi dei consulenti, e i consulenti costano. Per fare un bando, per partecipare ad una distribuzione di risorse per i macchinari e così via, tutto è talmente complicato che richiede consulenti. E io la prima cosa che farei è semplificazione da un lato e tutorship dall’altro. Ogni azienda giovanile - ribadisce Brunetta - dovrebbe avere un tutor gratuito per essere accompagnata nei meandri della burocrazia, ma anche degli incentivi, dei fondi, delle risorse per avere un proprio percorso ottimale e non sprecare occasioni che magari ci sono e non si conoscono”.
Parole non solo da politico navigato ed esperto di economia ma, ormai, da produttore, perché Brunetta, sul solco ideale tracciato da Massimo D’Alema, in uno strano regime di par condicio enoica, da qualche anno si è buttato a capofitto nel mondo del vino. “Ormai da 3-4 anni, con i miei soci, Serena e Dario Diana, abbiamo comprato un po’ di ettari intorno a Roma (l’azienda si chiama Capizucchi, per ora conta su un solo ettaro, impiantato a Montepulciano e Cabernet Sauvignon, da cui nascerà la prima etichetta, ancora in botte, il Mater Divini Amoris, un Doc Roma, ndr) . Ci stiamo lavorando, ci stanno diciamo, con grande intensità. La cosa certa è che ci stiamo riempiendo di debiti. Siamo molto felici, molto preoccupati, però più felici che preoccupati. Per il resto, il giorno per giorno ci impegna in maniera totalizzante, perché stiamo facendo praticamente tutto: dall’acquisizione dei diritti all’impiantistica dei 24 ettari, che abbiamo finito pochi mesi fa, quando abbiamo piantato le ultime barbatelle. E adesso - continua Brunetta - stiamo piantando gli ultimi pali, i fili per strutturare la vigna e in autunno la vigna sarà finita nella sua completezza. Abbiamo già fatto la prima vendemmia, l’anno scorso, e adesso il primo ettaro è già in barrique per l’invecchiamento, in botti di rovere, che avevano visto prima un vino nobile, l’Amarone. La nostra preoccupazione adesso è per l’acqua, perché non piove, e le barbatelle piccole hanno bisogno d’acqua, in caso dovremo irrigare, questi sono i problemi di tutti i giorni”.
Ogni volta che si parla di vino e, più in generale, di enogastronomia, arriva puntuale il paragone con la Francia, da sempre un passo avanti al Belpaese, anche se, ricorda Brunetta, “in termini economico-commerciali questo non è più così vero. In termini di cultura, di tradizione loro sono partiti con la qualità molto prima di noi. È la stessa differenza che c’è, per esempio, nella ristorazione. È una storia divertente da raccontare, ma è legata anche al vino: la rivoluzione francese mise per strada tutti i cuochi della nobiltà, furono loro ad aprire i primi ristoranti di alto livello. Ecco, noi questa rivoluzione, questa qualità, per esempio, nella ristorazione, non l’abbiamo mai avuta. Abbiamo sempre avuto una ristorazione popolare o nobiliare, ma non abbiamo mai avuto una ristorazione borghese di qualità. E il vino - aggiunge Brunetta - si accompagna a questa mancata rivoluzione: noi abbiamo sempre avuto buoni vini, ma non vini, almeno nel passato, di grande eccellenza per ampie fasce di popolazione. Adesso abbiamo recuperato, soprattutto dopo lo scandalo dell’etanolo, la vitivinicoltura italiana è cambiata straordinariamente. Come sempre, abbiamo fatto un’enorme rincorsa, per cui adesso abbiamo raggiunto livelli straordinari. Al Vinitaly - conclude l’ex Ministro per la Pubblica Amministrazione - ho visto questo mondo che è cresciuto tanto, però, come dire, ci vuole ancora un po’ di tempo per raggiungere i nostri cugini francesi”.

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