Vitigni autoctoni crescono nel brindisino, accanto a progetti di rivalutazione del territorio che guardano sempre più al recupero dell’antica tradizione agricola. Dal 1999 l’imprenditore Luigi Rubino, portando avanti l’attività del padre, ha puntato forte sul rilancio dei vitigni autoctoni locali: non solo i conosciuti Negroamaro, Primitivo e Malvasia Bianca e Nera, ma anche varietà praticamente dimenticate come il Susumaniello. Di questo vitigno a bacca rossa tipico del brindisino si erano ormai perse le tracce, quando quindici anni fa Luigi Rubino decise di recuperarlo nel cuore dei suoi possedimenti aziendali, la tenuta di Jaddico-Giancòla. La scommessa su questo versatile vitigno si è rivelata azzeccata, tanto che la linea di proposte scaturite, messe a punto con l’enologo Luca Petrelli, ha dato grandi soddisfazioni qualitative e di mercato all’azienda. Sono attualmente 90.000 le bottiglie complessive di Susumaniello prodotte da Tenute Rubino. Un investimento crescente, con ulteriori spazi produttivi dedicati negli ultimi due anni, nell’ottica di arrivare ad almeno 120-130.000 bottiglie e soddisfare una domanda che cresce a due cifre.
“C’è moltissimo interesse sul Susumaniello da parte del mercato europeo ma anche statunitense ed asiatico”, sottolinea Romina Leopardi, moglie e collaboratrice in azienda di Luigi Rubino. Il territorio e la sua identità produttiva sono leve portanti dell’attività dei Rubino che vanno oltre il perimetro delle tenute aziendali.
Luigi Rubino racconta a Winenews di aver appena messo in piedi un progetto di orti e vigneti urbani con l’amministrazione comunale di Brindisi. “Ci siamo confrontati con la nuova amministrazione insediata pochi mesi fa - spiega - e sono venute fuori idee condivise di grande interesse comune come quella di recuperare i terreni abbandonati che il Comune ha all’interno della città per realizzare orti e vigneti urbani. Questa città ha una grande tradizione agricola che vogliamo recuperare. L’idea è dunque di far partire una sinergia pubblico-privato per recuperare l’attività agricola, in aiuto dei giovani che cercano lavoro e magari un riscatto sociale e a vantaggio anche dell’ambiente e del paesaggio”.
Nel variegato portfolio dei vini di Tenute Rubino, il Susumaniello è sicuramente una “proposta riuscita e che abbiamo deciso di potenziare”, osserva Rubino. Difatti la linea a base di susumaniello si è via via allungata, passando dai vini rossi (Torre Testa e Oltremé, romantica etichetta dedicata alla moglie Romina), ai vini rosati (il Torre Testa rosè), fino agli spumanti rosé Sumaré a metodo classico con sboccatura a 24, 36 mesi e - ultimissimo nato - a 60 mesi.
“Abbiamo mantenuto e potenziato il Susumaniello - spiega Rubino - perchè ne abbiamo verificato i risultati enologici e abbiamo anche visto che le persone apprezzano la sua diversità ed identità. All’inizio è stato difficile, nessuno sapeva di cosa parlavamo. Ma il percorso intrapreso ha dato i suoi frutti, dopo 15 anni il Susumaniello non è più una produzione solo di Luigi Rubino ma anche di altri venuti dopo di noi. Intendiamoci, non ci aspettiamo la perfezione da questo vitigno, ha il difetto di una scarsa costanza quantitativa, credo che la ragione per cui lo avessero abbandonato fosse questo, la scarsa produttività . Finora gli impianti avviati sono abbastanza costanti - conclude l’imprenditore - dobbiamo però vedere nel tempo. Sicuramente abbiamo sviluppato un know how che ci avvantaggia”. L’attività di rivalutazione dei vitigni autoctoni intrapresa da Luigi Rubino non si è fermata al Susumaniello, ma prosegue oggi con Bianco d’Alessano, Minutolo e Ottavianello.
E tra i prossimi progetti di Luigi e Romina Rubino c’è la costruzione di una grande e moderna cantina per far fronte all’incremento produttivo, con attenzione pure al turismo enogastronomico e all’hospitality, con il recupero dell’antica masseria di Jaddico-Giancòla.
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