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MERCATI ENOICI

L’Italia del vino di qualità scommette sulla Scandinavia, mercato piccolo ma redditizio

Le voci dal “Simply Italian Great Wines” by Iem in Norvegia. In un mercato dove il monopolio pesa molto, ma ricco di appassionati capaci di spendere
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Le code fuori dai wine store del monopolio in Norvegia, simbolo di una passione crescente per il vino

Mercato complesso, soprattutto per il regime di monopolio che domina la vendita al dettaglio (mentre spazi maggiori ci sono nell’Horeca), ma redditizio, perchè con un forte potere di acquisto, il mercato del vino di Norvegia, che, con la Svezia, è traino nel consumo enoico , di tutta l’interessante area della Scandinavia, si conferma particolarmente appetibile per i produttori italiani, con i due Paesi che, nel primo semestre 2019, hanno importato vino italiano per oltre 135 milioni di euro (dati Istat e Wine Monitor).
Un mercato, quello norvegese in particolare, sempre più attento alla qualità, con i consumatori, dotati di elevata capacità di spesa, che se da un lato amano soprattutto la triade Piemonte, Toscana e Veneto, sono sempre più inclini a sperimentare nuove etichette e tipologie di vini da altre Regioni e territori, con uno spostamento dei gusti, peraltro, che in questa fase premia particolarmente spumanti e rosè, come succede un po’ in tutto il mondo. Sentiment che arrivano dal “Simply Italian Great Wines” by Iem (International Exhibition Management di Giancarlo Voglino e Marina Nedic), ieri, a Oslo, in Norvegia.
“La Scandinavia si conferma nel tempo un mercato dal grande potenziale, dove la qualità dei prodotti paga - spiega Marina Nedic - i winelover norvegesi sono consumatori evoluti e con un elevato potere d’acquisto. E chiedono vini a maggior valore aggiunto, premiando le produzioni d’eccellenza italiane e francesi”. Secondo uno studio di Kantar TNS per Vinmonopolet, il monopolio norvegese (che controlla l’80% del mercato degli alcolici, e gestisce anche negozi specializzati per la vendita al dettaglio), accanto ad una di consumatori “cost-focused”, attenta al prezzo e orientata su prodotti semplici (19%), la grande maggioranza degli acquirenti è rappresentata da winelover in cerca di consigli sugli acquisti e aperta ad assaggiare nuove etichette (38%) e da conoscitori del mondo del vino, consapevoli dei propri gusti (un altro 31%); e non mancano i bevitori esperti, alla ricerca di nuove ispirazioni (12%). Anche nel mondo del vino scandinavo è in atto una progressiva rivoluzione dei consumi, parallela al boom delle birre artigianali. Il consumo pro capite si attesta ancora sui 14 litri di vino all’anno, ma cresce l’interesse dei consumatori per tipologie più fresche e meno alcoliche, come rosé e sparkling wines: il trend è “less but better”. Una tendenza che sta prendendo piede nei centri urbani come nelle aree rurali, a pari passo con la diffusione di uno stile di vita più healthy, ma anche a causa delle conseguenze del climate change, che ha portato estati più lunghe e calde anche a queste latitudini.
Le importazioni di vino italiano riflettono i trend evidenziati. Prosegue il trainante successo del Prosecco, soprattutto tra le ultime generazioni di consumatori scandinavi, con incremento a doppia cifra in valore (11,33 milioni di euro, +10,6%) e un prezzo medio di tutto rispetto (4,7 euro al litro), parallelo alla richiesta di etichette più leggere, con residuo zuccherino contenuto. “Il mercato dei vini italiani Dop è ancora dominato dai rossi piemontesi e veneti (13,5 e 12,58 milioni di euro), ma scalpitano tipologie emergenti come i bianchi del nord est e l’Asti Spumante, che pur con valori assoluti ancora contenuti, vedono una crescita superiore al +38%. Una nicchia promettente è rappresentata anche dai rossi più leggeri prodotti nelle regioni del nord: buone le performance del Trentino Alto Adige”, conclude Marina Nedic.
“Quello norvegese è un mercato molto ricco, il reddito pro capite è tre volte superiore a quello italiano - ha sottolineato a WineNews Alberto Colella, Ambasciatore d’Italia in Norvegia - e questo vuol dire avere una capacità di spesa tre volte superiore alla nostra. Spendono molto anche in alcolici e vino, ovviamente tutto importato dall’estero, con l’Italia leader del mercato dei vini rossi, con una quota del 30-35%, che scende al 20% per i bianchi e diventa quasi un “monopolio” sulle bollicine, con una quota dell’80%, mentre i vini rosati sono ancora ai primi passi. Un posizionamento di tutto rispetto, ma qui conta più la qualità del prezzo: i vini economici non hanno un grosso mercato, il norvegese se si appassiona non bada a spese, la fila fuori dai negozi del monopolio il venerdì pomeriggio è decisamente comune. Il regime di monopolio, però, è una criticità, nel senso che l’importazione di vino è quasi totalmente dominata dallo Stato, che importa il vino a seconda di gare (“tender”), legate a precise tipologie di vini, essenzialmente i più richiesti dal mercato. È un sistema che esiste qui come in tutti i Paesi scandinavi e funziona: nei negozi del monopolio la varietà dell’offerta è eccezionale, nel più piccolo ci sono 400 etichette diverse. Un consiglio che do ai produttori italiani è quello di raccontare la storia che sta dietro ai loro vini, perché il consumatore norvegese è curioso, vuole sapere cosa c’è dietro: più insistete sulla storia e la tradizione che si celano dietro ad una bottiglia, più il consumatore si appassionerà. Sui giovani, invece, il discorso è ampio. Va forte il bag-in-box, che qui, tra i giovani, anche grazie al costo basso, ha un enorme successo. È un settore che sta crescendo, e molte aziende italiane stanno cavalcando il trend”. Ma c’è anche un problema di abuso, sottolinea l’ambasciatore, che non va sottovaluto.
In ogni caso, alla Norvegia ed al mercato scandinavo in generale, guardano con interesse i produttori italiani, sia quelli già presenti che quelli che cercano di entrarci.
“Il mercato scandinavo è piuttosto importante per il vino italiano- racconta a WineNews Federica Rossodivita, export manager per la griffe abruzzese Masciarelli - ma ci sono difficoltà importanti all’entrata, per via del monopolio. I vini italiani più presenti sono senza dubbio quelli di Veneto, Piemonte e Toscana, con la Puglia in grande crescita, ma penso che ci sia spazio anche per le altre Regioni, specie perché l’Italia ha ancora tanto da esprimere in Nord Europa. Masciarelli ha un passato importante in Norvegia e Danimarca, ma credo si possa fare ancora di più, specie sui mercati in cui siamo assenti. Puntiamo sui rossi, la tipologia che qui è più apprezzata, anche per motivi climatici oltre che per abitudine al consumo. Vogliamo spingere il Montepulciano d’Abruzzo, sia tra i wine lover più esperti che tra i neofiti”.
“La Norvegia è un Paese molto attento, specie per quanto riguarda i vini rossi da varietà autoctone: come Siddùra - spiega Armando Russo, export manager della storica cantina di Sardegna - abbiamo un certo vantaggio, perché nonostante si tratti di un mercato difficile, è esattamente il nostro target. C’è molta competizione, ma siamo fiduciosi. Non siamo l’azienda più accreditata per i tender di monopolio, ci mancano forse i numeri, ne abbiamo fatto uno, che ci ha dimostrato il grande apprezzamento del mercato per i nostri bianchi, ma qui vorremmo puntare sui rossi, cercando di trovare dei partner prima di tutto nell’horeca, il primo step per far conoscere il brand. Vogliamo creare rapporti con gli importatori locali che ci facciano crescere nella loro zona di competenza”.

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