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NON È TUTTO ROSE E FIORI

Inizia il Festival di Sanremo, ma per i fiori “suona il requiem”: i rincari piegano il settore

Coldiretti lancia un appello per la filiera italiana: “chi non riesce a far fronte agli aumenti del riscaldamento è costretto a spegnere le serre”
Coldiretti, FESTIVAL DI SANREMO, FIORI, Non Solo Vino
I fiori, simbolo di Sanremo e del Festival della Canzone Italiana

Mentre si stanno per accendere le luci sul Festival della Canzone Italiana, il prodotto simbolo di Sanremo, i fiori, vivono un momento di crisi. Un settore che sta affrontando una fase difficile a causa dell’esplosione dei costi energetici delle serre che hanno messo in ginocchio i vivai nazionali. E Coldiretti, alla vigilia dell’edizione n. 72 di Sanremo, da domani in prima serata su Rai1 con la conduzione di Amadeus, lancia un appello per sostenere l’acquisto dei fiori made in Italy, direttamente dai produttori o da punti vendita che ne garantiscano l’origine nazionale. Un messaggio “per difendere le aziende, l’occupazione, l’ambiente e il territorio” di un settore cardine per l’economia agricola nazionale che vale oltre 2,57 miliardi di euro generati da 27.000 aziende florovivaistiche attive in Italia, con un indotto complessivo di 200.000 occupati.
Dunque, la vetrina del Festival, con il suo appeal e un forte audience su scala nazionale, viene vista come una opportunità per ridare slancio ad un settore da primato del made in Italy ma che, come tanti altri, sta pagando duramente il caro bollette. Una emergenza energetica che si riversa, fa notare ancora Coldiretti, non solo sui costi di riscaldamento delle serre, ma anche sui carburanti per la movimentazione dei macchinari, sui costi delle materie prime, fertilizzanti, vasi e cartoni. Il rincaro dell’energia infatti non risparmia fattori fondamentali di produzione come i fertilizzanti con aumenti che vanno dall’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%) alle torbe (+20%) mentre per gli imballaggi gli incrementi colpiscono dalla plastica per i vasetti dei fiori (+72%) al vetro (+40%) fino alla carta (+31%) per i quali peraltro si allungano anche i tempi di consegna, in qualche caso addirittura quintuplicati.
Difficile trovare dei rimedi perché se in altri settori si cerca di concentrare le operazioni colturali nelle ore di minor costo dell’energia elettrica, le imprese florovivaistiche non possono interrompere le attività perché si arriverebbe alla morte delle piante o la mancata fioritura. Le rose ad esempio hanno bisogno di una temperatura fissa di almeno 15 gradi per fiorire e lo stesso vale per le gerbere mentre per le orchidee servono almeno 20-22 gradi per fiorire ed in assenza di riscaldamento non ce la fanno a vivere. Chi non riesce e far fronte agli aumenti è così costretto a spegnere le serre e cercare di riconvertire la produzione, uno scenario certamente cupo.
La scomparsa dei fiori italiani dai mercati rischia peraltro di favorire le importazioni da Paesi stranieri che nel 2021 hanno già fatto registrare un aumento del 20% in valore (analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi 10 mesi dell’anno). E “spesso - fa notare Coldiretti in una nota - si tratta di prodotti ottenuti dallo sfruttamento come nel caso delle rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti e i fiori dalla Colombia ed Ecuador dove ad essere penalizzate sono le donne”.

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