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CARO VITA

Tonno in scatola, settore in sofferenza a causa dei rincari di energia e materie prime

Riferimento mondiale per le conserve ittiche, vale 1,38 miliardi di euro ed è strategico per l’alimentare. Ancit: “chiediamo il sostegno del Governo”
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Fasi di lavorazione del tonno in scatola (Ph: Ancit)

Lo mangia il 99% degli italiani, 1 su 3 addirittura 2-3 volte alla settimana, con un consumo pro-capite pari a 2,67 kg annui: il tonno in scatola rappresenta un comparto strategico per il nostro alimentare, oltre che il riferimento mondiale per le conserve ittiche, con un valore di mercato di 1,38 miliardi di euro. Oggi sta attraversando una fase di grave sofferenza, a causa dei rincari energetici (+300% nell’ultimo anno) e materie prime, dall’olio d’oliva agli imballaggi. A lanciare il grido di allarme Simone Legnani, presidente Ancit (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare), che chiede l’intervento del Governo.
In Italia nel 2021 sono state consumate 158.589 tonnellate di tonno in scatola (sati Ancit su basi Istat), con una produzione nazionale di 83.861 tonnellate (+4,35% sull’anno precedente), superando addirittura l’eccezionalità del 2020, che lo ha visto piazzarsi tra gli alimenti preferiti dagli italiani in lockdown. Dati che confermano l’Italia come uno dei più importanti mercati al mondo per il consumo di questo alimento e come secondo produttore europeo, dopo la Spagna. Il tonno in scatola guida produzione e consumo, ma ci sono anche acciughe sotto sale e sott’olio, sgombri, sardine, salmone, vongole e antipasti di mare a fare del settore il simbolo della tradizione gastronomica italiana, contribuendo al prestigio del made in Italy nel il mondo. Il totale del comparto conserviero ittico nel 2021 ha registrato un fatturato di 1.780 milioni di euro.
Eppure lo scenario per il futuro è allarmistico. I costi dell’attività produttiva hanno raggiunto livelli intollerabili, con un crescendo che sta diventando sempre più ingestibile. Pur non risultando un settore altamente energivoro, il settore conserviero ittico sta soffrendo oltremodo i rialzi continui della bolletta energetica (aumenti superiori al 60% solo negli ultimi mesi), con previsioni di ulteriori aumenti. Considerando che già alla fine del 2021 i costi energetici erano in forte crescita, nel confronto tra 2022 e 2021 possiamo parlare di costi quasi triplicati, +301%.
Questa crescita si riverbera a cascata su tutte le materie prime utilizzate dal comparto a partire dal pesce (il costo del tonno è aumentato con picchi di oltre il 30% nell’ultimo anno) fino all’olio ed ai materiali di imballaggio (packaging) che negli ultimi 12 mesi sono cresciuti oltre il 50% e sui pack (lattine, vasetti in vetro, carta che sono prodotte da filiere energivore). Inoltre, la siccità che ha colpito l’Europa ha determinato un raccolto di olive scarso, con ripercussioni sulla disponibilità di olio di oliva usato per la conservazione e conseguente incremento del prezzo (con picchi del +31% per l’olio d’oliva e del +19% per l’extravergine d’oliva rispetto ad un anno fa; fonte: PricePedia). Mentre l’invasione dell’Ucraina - principale fornitore al mondo di olio di girasole con il 60% della produzione mondiale e il 75% dell'export – ha fatto registrare un incremento del +41,6% nell’ultimo anno. Un altro pericolo si sta palesando in tutta la sua concretezza: il continuo apprezzamento del dollaro Usa nei confronti dell’euro, che ha perso da fine 2021 circa il 18% del suo valore. Questo ha generato un ulteriore impatto sui costi della materia prima tonno (acquistata principalmente in dollari) che altre filiere “euro based” non hanno.
“Le nostre sono filiere di approvvigionamento lunghe e i costi che influenzeranno almeno tutto il primo semestre del 2023 non lasciano grandi margini di ottimismo - afferma Simone Legnani , che guida Ancit - finora le aziende conserviere ittiche italiane hanno fatto il possibile per assorbire i rincari, ma si rischia di compromettere il futuro delle stesse aziende se non si corre ai ripari. Inoltre, sta diventando arduo reperire le materie prime perché alcuni produttori hanno dovuto chiudere per mancanza di finanze, così come già alcune aziende del nostro settore stanno riducendo la produzione. Non possono ancora fare da “ammortizzatore” economico, schiacciate tra costi crescenti e ricavi non sufficienti a coprire gli stessi costi. L’allarme c’è, da mesi. Auspichiamo che anche la distribuzione riconosca oggettivamente l’adeguamento dei prezzi e che il Governo e la classe politica intervengano con dei sostegni atti a favorire la liquidità delle nostre aziende, il superamento dell’attuale crisi energetica e gli investimenti. Un intervento importante sarebbe la modifica dei massimali negli aiuti di stato che oggi penalizzano le aziende di trasformazione di prodotti ittici equiparandole alla pesca, e la possibilità di avere sulle conserve ittiche una temporanea sospensione dell’Iva”.

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