Il settore ittico è in netta ripresa dopo il biennio pandemico e anche quest’anno il pesce non potrà mancare nelle tavole per il menu di Vigilia, in un Paese che ne è tra i principali importatori al mondo (21 kg l’anno è il consumo medio per famiglia). Cia-Agricoltori Italiani e PescAgri, la sua associazione di pescatori, stima in oltre 1 miliardo di spesa per le prelibatezze gastronomiche a base di pesce dalla Vigilia all’Epifania. Contrariamente agli allarmismi in voga, i prezzi di questo Natale, secondo Cia - Agricoltori Italiani, non si discostano in maniera rilevante dagli anni passati, mentre i consumi volano: +20% rispetto allo stesso periodo del 2022. La scelta di prodotto ittico locale a “filiera corta” offre sempre garanzia di maggiore qualità, col rispetto di elevati standard di sicurezza e tutela ambientale. La Cia - Agricoltori Italiani ricorda che i banchi delle pescherie tradizionali o dei supermercati devono sempre riportare in etichetta l’origine del pesce in vendita: se allevato in acquacoltura o catturato, oltre a zone di produzione e cattura (sia nel caso di mare, che di acque dolci).
Per 17 milioni di famiglie la scelta del menù di pesce sarà orientata alle ricette della tradizione. Capisaldi del consumo ittico durante le feste sono i molluschi e i crostacei. Alla famiglia dei primi appartengono i cosiddetti “tentacolati”: polpo, seppia e calamaro. Se il primo si trova, attualmente, sui banchi tra i 20 e i 24 euro al chilo, le seppie oscillano fra i 12 e i 15, mentre i calamari locali arrivano a costare 35 euro al chilo (quelli di provenienza estera e minore qualità, sui 20 euro). Altro mollusco protagonista delle feste è la vongola, che grazie alla sua varietà può soddisfare esigenze di tutte le tasche: si va dai 12-15 euro al chilo dei lupini, ai fasolari leggermente più costosi (fino a 17 euro), per arrivare ai tartufi di mare (30 euro circa), fino alle vongole veraci, che raggiungono anche i 40 euro. E se i moscardini - cucinati abitualmente in umido o bolliti - costano 30 euro al chilo, le classiche cozze si aggirano sui 5 euro al chilo.
Gli scampi congelati d’importazione hanno un prezzo che oscilla tra i 30 ed i 40 euro al chilo, mentre quelli freschi locali costano il doppio. Le tante varietà di gamberi soddisfano ogni esigenza: dai 70 euro al chilo del pregiato gambero rosso di Mazara ai 35 euro del prodotto di seconda scelta, per arrivare poi alle mazzancolle, che hanno un costo variabile tra i 22 ed i 25 euro al chilo. Le canocchie - da mangiare fritte o bollite - si attestano sui 18 euro al chilo, mentre l’astice d’importazione americana arriva ad un prezzo di 25-30 euro e l’aragosta oscilla fra i 100 e 120 euro.
Per quanto concerne altre tipologie di prodotto ittico consumato durante le feste, il prezzo del salmone - il più ricercato per gli antipasti - si attesta secondo Cia tra i 15 ed i 18 euro al chilo, mentre il misto di stagione per una buona frittura di paranza si trova sui banchi a 10-12 euro al chilo. “Sua Maestà” il capitone, consumato quasi esclusivamente nel periodo natalizio (proviene da Comacchio o da Lesina ed è l’esemplare femminile adulto dell’anguilla), arriva a costare 25 euro al chilo.
Le varietà di pesce che sono accessibili anche alle fasce meno abbienti sono le spigole e le orate di importazione (Grecia e Turchia), fra gli 8 e i 10 euro al chilo, mentre quelle nazionali si aggirano sui 18-20 euro al chilo. Salendo di prezzo si arriva ai 26 euro al chilo del rombo, fino ai 30 euro al chilo delle sogliole e del pesce spada, che può arrivare fino a un massimo di 35 euro al chilo. Pesce tipico che mette d’accordo sia le tavole del Sud che del Nord Italia è il tradizionale baccalà di provenienza nord europea. La differenza è solo nella preparazione: è cucinato di solito a Nord alla vicentina (in vendita essiccato a 30 euro al chilo), mentre si compra sotto sale (22 euro al chilo) per la frittura classica alla napoletana.
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