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CLIMA ANOMALO

Il caldo autunnale tiene le castagne negli alberi: produzione sotto la media

Coldiretti: si scenderà al di sotto di 45 milioni di chilogrammi. Cali dall’Emilia Romagna a tutto il sud Italia. Bene Piemonte e Trentino
CASTAGNE, Coldiretti, Non Solo Vino
Castagne nella foto di Alicja da Pixabay

L’altra faccia di un’estate infinita. Se le temperature gradevoli spingono i numeri del turismo, dagli agriturismi a bar e ristoranti dove ancora si cena all’aperto, lo stesso non si può dire per alcuni prodotti stagionali che soffrono un clima anomalo rischiando di non finire nelle tavole degli italiani: è il caso delle castagne, frutto simbolo dell’autunno con un valore anche culturale ed economico in quanto, soprattutto nei piccoli centri, rappresentava in passato la principale fonte di alimentazione. I castagneti, soprattutto nelle zone di montagna, ancora oggi contribuiscono al disegno del paesaggio ed hanno un importante ruolo dal punto di vista occupazionale e quindi economico.
Ma l’autunno caldo di quest’anno sconvolge i cicli naturali con le castagne che rimangono sugli alberi per le elevate temperature e la carenza di precipitazioni che non fanno cadere i ricci impedendone la raccolta. Una situazione non rosea che emerge dal monitoraggio Coldiretti che evidenzia gli effetti del clima anomalo sulle coltivazioni e sui consumi degli italiani in un autunno 2023 che si classifica fino ad ora in Italia al terzo posto tra gli anni più caldi dall’Ottocento, con una temperatura di settembre superiore di ben 2,17 gradi la media storica del mese (1991-2020), secondo Isac Cnr. Il risultato è che le prime stime, fa sapere Coldiretti, fanno prevedere una produzione di castagne in calo per Italia con la raccolta che parte in ritardo di almeno una decina di giorni rispetto alla tradizione. La causa è legata al maltempo con le abbondanti piogge di maggio e giugno che hanno condizionato fortemente l’allegagione dei fiori. A ciò va aggiunto i successivi prolungati rialzi delle temperature, accompagnati da lunghi periodi di siccità, che hanno provocato il taglio delle disponibilità, anche se non ovunque.
Complessivamente si scenderà al di sotto dei 45 milioni di chilogrammi di produzione media nazionale degli ultimi cinque anni per effetto dei cali previsti dall’Emilia Romagna a tutto il sud Italia. Risultano, invece, in controtendenza alcune aree del nord Italia, in particolare Piemonte e Trentino, dove le quantità dovrebbero risultare stabili, con locali aumenti. Buona ovunque la qualità dei frutti con punte di eccellenza. L’Italia resta il sesto produttore mondiale di castagne, con l’86% della produzione che si concentra in cinque regioni: Campania, Calabria, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna.
Si resta, tuttavia, lontani, ricorda la Coldiretti, dai fasti produttivi del passato per quello che il poeta e letterato Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane”, simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni di giovani scolari. Basta ricordare che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, mentre dieci anni fa era pari a 55 milioni di chili. Il rischio è quello di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Turchia, Grecia, Spagna e Portogallo, considerato che le importazioni nel 2022 sono risultate pari a quasi 20 milioni di chili, “spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori. Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Ancora peggiore è la situazione dei trasformati, per i quali non vi è l’obbligo di etichettatura di origine e per le farine di castagne che, non avendo un codice doganale specifico, non è neppure dato a sapersi quante ne vengano importate”.
Importante è fare attenzione alla qualità per sostenere una produzione made in Italy che vanta ben sedici prodotti a denominazione di origine legati al castagno che hanno ottenuto il riconoscimento europeo. Cinque sono in Toscana (il Marrone del Mugello Igp, il Marrone di Caprese Michelangelo Dop, la Castagna del Monte Amiata Igp, la Farina di Neccio della Garfagnana Dop e la Farina di Castagne della Lunigiana Dop), quattro in Campania (la Castagna di Montella Igp, il Marrone di Roccadaspide Igp, il Marrone di Serino/Castagna di Serino Igp e la Castagna di Roccamonfina Igp); tre in Veneto (il Marrone di San Zeno Dop, i Marroni del Monfenera Igp ed i Marroni di Combai Igp); due in Piemonte (Castagna Cuneo Igp e il Marrone della Valle di Susa Igp) uno in Lazio (la Castagna di Vallerano Dop) e in Emilia Romagna (il Marrone di Castel del Rio Igp).

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