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DA “CIBUS”, A PARMA

Quattro ristoranti su 10 hanno formaggi italiani Dop e Igp in menù. Ma solo 1 su 10 li valorizza

Nascono le linee guida di Afidop - Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp e Fipe Confcommercio, per la promozione e la lotta alla contraffazione
AFIDOP, Cibus, DOP, FIPE CONFCOMMERCIO, FORMAGGI ITALIANI, IGP, RISTORANTI, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
Quattro ristoranti su 10 hanno formaggi italiani Dop e Igp, Ma solo 1 su 10 li valorizza

I formaggi a denominazione del Belpaese sono una delle filiere più preziose dell’agroalimentare italiano, con un valore al consumo di 8,6 miliardi di euro. Eppure, nella ristorazione tricolore, che nel complesso muove un business di 92 miliardi di euro, non sono abbastanza valorizzati, almeno secondo Afidop - Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp, e Fipe Confcommercio, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che hanno annunciato l’intesa per promuovere, in Italia e all’estero, i due settori, quello della ristorazione, e quello della produzione casearia di eccellenza. Un patto siglato, ieri, a Cibus a Parma, basato anche su uno studio promosso da Afidop e realizzato da GriffeShield su oltre 20.000 ristoranti italiani, secondo il quale se oggi i formaggi Dop sono di casa in 1 ristorante italiano su 4, solo 1 su 10 li valorizza, riportandone la corretta denominazione nel menu. Le Linee Guida Afidop-Fipe, spiega una nota, hanno l’obiettivo di contrastare questa tendenza. Si tratta di un autentico vademecum pensato per i ristoratori al fine di valorizzare i formaggi Dop e Igp: per ognuno dei 51 formaggi attualmente certificati (e altri ne potrebbero arrivare in futuro) vengono indicate la corretta denominazione nei menu, la descrizione delle loro caratteristiche e le indicazioni sulle modalità di conservazione. Saranno presenti anche consigli sulla mise en place e sul mantenimento delle proprietà organolettiche.
Uno strumento chiave per la ristorazione italiana, che punta sull’esperienza degli addetti ai lavori per educare correttamente il consumatore, in Italia, ma anche all’estero, dove i formaggi sono il prodotto italiano più utilizzato nei ristoranti (94,7%) dopo il vino per la preparazione dei piatti della cucina italiana (seguono poi a pari merito olio e pasta e infine i salumi). Le linee guida, peraltro, arrivano in un momento propizio per i consumi fuori casa (+7% a valore nel 2023), con la ristorazione tornata finalmente sopra i livelli pre-Covid (+3,9%), ma anche per i formaggi certificati. I formaggi Dop e Igp italiani, infatti, a fronte di 590.000 tonnellate prodotte nel 2023, arrivano a un fatturato alla produzione che va ormai ben oltre i 5 miliardi di euro, pari a quasi un terzo del valore totale alla produzione dei prodotti lattiero-caseari italiani. Corre anche l’export: i formaggi Dop-Igp rappresentano ormai stabilmente quasi il 60% del fatturato export dei formaggi nazionali, per un valore stimato che sfiora i 3 miliardi di euro (+11%). E il 2024 si apre con dati in crescita: a gennaio sono soprattutto Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+25% in volume) a fare da traino; bene anche il Gorgonzola (+7%), il Pecorino Romano (+4%), i duri Dop grattugiati (+16%).
La presentazione del protocollo, è stata anche occasione per chiudere una polemica innescata da alcuni media con il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, che aveva affermato di voler imporre l’obbligo di piatti a base di formaggio nei menù dei ristoranti. “Per me il protocollo di oggi è importante per due cose: ovviamente smentire tutte le chiacchiere che giravano sull’obbligatorietà nei menù - ha detto Lollobrigida - e sostenere invece che il Governo aveva sollecitato le due associazioni che oggi hanno sottoscritto il protocollo. Non c’è bisogno dell’obbligatorietà, uno Stato che rende obbligatorio spesso è oppressivo, lo Stato deve sollecitare alcune iniziative di sistema, mettere insieme legittimi interessi per permettere alla propria Nazione di crescere”. Per il presidente Afidop Antonio Auricchio, “grazie alla sinergia con Fipe e alle linee guida sviluppate, sarà possibile sensibilizzare i professionisti del settore, ristoratori e chef, sull’importanza di scegliere e utilizzare i formaggi Dop e Igp, di seguire precise modalità di conservazione per permettere ai consumatori di gustarli al meglio e di valorizzarli correttamente all’interno dei menu, contrastando così anche il problema della contraffazione e permettendo a questi autentici ambasciatori della tradizione casearia italiana di essere legittimamente riconosciuti. Valorizzare i formaggi Dop e Igp nella ristorazione significa garantire ai consumatori la possibilità di apprezzare anche fuori casa prodotti unici e di alta qualità, frutto di secolari tradizioni”. Per Aldo Mario Cursano, vice presidente vicario Fipe-Confcommercio, “con i suoi 92 miliardi di euro di consumi, la ristorazione è un punto di riferimento per le filiere agroalimentari del nostro Paese. Valorizzare le produzioni certificate nei menù permette a un comparto così importante dell’economia di promuovere e diffondere una cultura in grado di esaltare l’unicità e l’altissima qualità del patrimonio agroalimentare italiano. I pubblici esercizi, dai bar ai ristoranti, passando per le pizzerie e le osterie, svolgono da sempre il ruolo di porta d’accesso alla cultura, alle tradizioni e ai valori dell’Italia nel mondo e rappresentano un veicolo estremamente importante per la valorizzazione dei prodotti made in Italy. Con le linee guida non solo daremo ai titolari di pubblici esercizi gli strumenti idonei per dotarsi di prodotti di alta qualità, ma anche ai consumatori la certezza di consumare cibo eccellente e di provenienza certificata”.
Ma uno degli obiettivi è quello di contrastare il falso made in Italy dell’Italian sounding, che genera un giro d’affari stimato in oltre 90 miliardi di euro (dati Ismea-Ministero dell’Agricoltura). I formaggi certificati sono, da sempre, tra le vittime preferite di questo fenomeno, che tocca anche il fuori casa. Secondo le stime Fipe, nel mondo esistono 600.000 ristoranti che si autodefiniscono italiani. Di questi soltanto 2.218 lo sono davvero. All’estero, esistono esercizi commerciali (ristoranti, bar, pasticcerie) che offrono servizi, hanno layout, possiedono gli stessi loghi e presentano la stessa offerta di quelli presenti nelle metropoli del nostro Paese. Almeno sulla carta. In realtà, i menù di questi pseudo “Italian restaurant” non hanno nulla a che vedere con quelli che pretendono di imitare, senza conoscerne la qualità. Secondo un’indagine del Centro Studi Fipe del 2021 rivolta ai ristoranti certificati italiani all’estero, viene fuori che, nei loro Paesi, il 94% degli intervistati rileva nei competitor non certificati contraffazione dei prodotti, l’89% vede contraffazione nelle ricette, non conformi a quelle autentiche, mentre il 60% trova ristoranti falsi italiani e il 43% ha dubbi sull’origine dei prodotti.

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