Le esportazioni di olio evo italiano raggiungono complessivamente 160 Paesi, con il 65% del valore delle vendite all’estero che viene realizzato in 5 top mercati. In testa ci sono gli Stati Uniti a quota 32%, seguiti, a distanza, da Germania (15,5%), Francia (7,9%), Canada (4,7%) e Giappone (5,3%). Non mancano, tuttavia, segnali di dinamismo: tra gennaio e novembre 2024, l’olio d’oliva made in Italy ha registrato performance sopra la media in Germania (+58% la crescita del tricolore contro un aumento delle importazioni del 42%), Corea del Sud (+141% vs +86%), Australia (192% vs 106%) e Messico (99% vs 82%). L’extravergine, in particolare, ha messo a segno crescite interessanti anche sul fronte dei volumi proprio in Corea del Sud e Germania, dove le quantità sono aumentate rispettivamente dell’82% e del 19,4% sulle cifre del 2023, a fronte di un aumento a valore del 152,6% verso Seul e del 68% verso Berlino. Ecco i numeri dell’Osservatorio Sol2Expo, oggi, presentati a Sol2Expo - Full Olive Experience, il salone dedicato al mondo dell’olivo e dell’olio, a Verona (2-4 marzo).
I dati raccontano che, negli ultimi 20 anni, il consumo mondiale di olio d’oliva è passato da 2,7 a 3 milioni di tonnellate, con i tassi di crescita più rilevanti che sono stati registrati nei Paesi extra-Ue (dal 28% al 57%). E se il consumo è aumentato nei mercati di Paesi tradizionalmente non produttori, lo stesso è diminuito in Italia, Spagna e Grecia. Di nuovo gli Stati Uniti sono tra i top market dove è cresciuta la domanda (+35% tra il 2014 e 2024), insieme a Francia (+6%) e Brasile (+35%) a conferma di un trend che vede sì, l’Europa e il Nord America come le principali aree di importazione, ma con particolare attenzione anche ai segnali di crescita registrati in Sud America e Asia, con incrementi a doppia cifra - oltre che nel Paese verdeoro - anche per Cile e Perù (+15%), Colombia (+13%) e poi Corea del Sud (+12%) e Indonesia (+11%).
“In questo periodo così movimentato per il mercato, l’auspicio è che il consumatore italiano acquisisca una maggior consapevolezza sul valore reale dell’olio extravergine di oliva - ha detto Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare Nomisma - portandolo a riconoscere l’evo, come un “Alimento principe” (con la “A maiuscola”, considerate le sue proprietà salutistiche e organolettiche) della Dieta Mediterranea e non un semplice condimento o ingrediente da utilizzare in cucina”. E così, sempre secondo l’analisi, in Gdo la crescita media dei prezzi derivante dalla scarsità di offerta a livello nazionale e globale ha già ridotto dal 47% del 2022 al 20% del 2024 il differenziale esistente tra l’olio evo comunitario (che continua a rappresentare la tipologia più venduta, con una quota a volume del 62%) e il “100% italiano”. Un avvicinamento di prezzo che ha reso più “attrattivo” al consumatore il prodotto ottenuto da olive italiane, il cui prezzo medio a scaffale è più elevato.
La Distribuzione Moderna (su base NielsenIq) è il principale canale di vendita dell’olio d’oliva nei confini nazionali, con gli ultimi tre anni che sono stati segnati dagli effetti combinati dell’inflazione e di una produzione straordinariamente leggera, e che hanno determinato una riduzione delle vendite a volume di olio extravergine di oliva (tra il 2022 e il 2024) del 10% a fronte di un aumento del 64% a valore.
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