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COMMERCIO E POLITICA

I dazi Usa al 25% sui prodotti agricoli europei sempre più vicini. L’ennesimo annuncio di Trump

Il Presidente Usa sui social: “dal 2 aprile scatteranno tariffe sui prodotti esterni”. Le reazioni del settore in Italia, che teme danni miliardari
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I dazi Usa al 25% sui prodotti agricoli europei sempre più vicini

I dazi Usa al 25% anche sui prodotti agricoli europei sembrano sempre più vicini. Dopo l’annuncio generico (che prendeva di mira soprattutto le auto, ma anche “tutto il resto”) di una settimana fa, nella tarda serata di ieri il presidente Usa Donald Trump, sul suo social “Truth”, ha scritto poche parole che, però, hanno alzato ancora di più il livello di allerta tra gli agricoltori europei e non solo: “ai grandi agricoltori degli Stati Uniti: preparatevi a produrre molti prodotti agricoli da vendere all’interno degli Stati Uniti. Il 2 aprile scatteranno le tariffe sui prodotti esterni. Divertitevi”, ha scritto Trump, riferendosi esplicitamente, dunque, al comparto agricolo. La lista dei prodotti che saranno effettivamente colpiti ancora non è nota, mentre si azzardano stime dei possibili danni su un mercato, quello Usa, che per il vino italiano vale quasi 2 miliardi di euro di export, un quarto del suo totale, e per tutto l’agroalimentare, che vede negli Stati Uniti il suo primo mercato extra Ue con 7,8 miliardi di euro su 69 di export totale (dati Istat). E se Coldiretti parla di 1 miliardo di euro per le aziende italiane, di cui la metà a danno del vino, ma con impatti forti anche su pasta, olio e formaggi, e di 2 miliardi di extra costi per i consumatori americani, le stime di Unione Italiana Vini - Uiv dell’impatto diretto ed indiretto di dazi al 25% in Usa, arrivano fino ad 1 miliardo di euro per il solo settore enoico italiano, con ripercussioni anche su altri mercati, oltre a quello americano. Confagricoltura, con il presidente Massimiliano Giansanti, parla di un danno potenziale per l’agroalimentare “da 1,5 miliardi di euro solo per la parte acquisti, e poi dovremmo considerare anche le misure protezionistiche a specchio che introdurrà l’Ue, perchè noi acquistiamo anche molti prodotti dell’agricoltura americana che poi usiamo nella nostra filiera di trasformazione, e che in parte riesportiamo negli Stati Uniti, quindi rischiamo di pagare due volte”.
Ad alzare i toni della risposta agricola è, invece, la Cia-Agricoltori Italiani guidata da Cristiano Fini: “Trump allerta i grandi agricoltori degli Stati Uniti. Noi direttamente la nostra Europa. Bruxelles intervenga subito. Il messaggio social del presidente americano è, adesso, una clessidra all’ultimo granello. Serve un’azione diplomatica e una contromossa importante per contrastare l’effetto deflagrante dei dazi Usa su tutti i prodotti Ue. Con l’annuncio di dazi del 25% all’export europeo negli Usa, a partire dal 2 aprile, si prefigurano danni miliardari per il cibo italiano che faranno male non solo al nostro Paese - commenta Fini - ma anche al portafoglio degli americani che acquistano le nostre eccellenze, riconoscendone la qualità e l’unicità. Gli agricoltori di Trump non potranno mai produrre Grana Padano, Prosciutto di Parma, Pecorino romano, Prosecco, Brunello e tutte le Dop e Igp made in Italy, il cui export in Usa vale oltre 2,4 miliardi, una ricchezza anche per l’Europa. Altro che divertimento, serve una risposta ferma e risoluta”, conclude Fini.
A levarsi, dal mondo del vino è anche la voce del Consorzio Vini Valpolicella, che tutela un territorio in cui il vino muove un giro d’affari di oltre 600 milioni di euro, in gran parte grazie all’export. “L’annuncio dell’amministrazione statunitense di applicare dazi del 25% su tutte le esportazioni europee, e dal 2 aprile, su quelle agricole - afferma il presidente del Consorzio, Christian Marchesini - rappresenta una grave minaccia per il settore vitivinicolo italiano e non solo, anche per la Valpolicella naturalmente. Gli Stati Uniti sono infatti il nostro primo mercato di esportazione fuori dall’Unione Europea (qui finisce oltre l’11% del nostro prodotto) insieme al Canada, e questa decisione rischia di compromettere una filiera che vale complessivamente circa 1,9 miliardi di euro per il vino italiano. Si tratta di un errore strategico, non solo per i produttori italiani, ma anche per il mercato americano, che vedrebbe un drastico aumento dei prezzi e una possibile riduzione dell’offerta di vini di qualità. Già nel 2019 abbiamo vissuto gli effetti di politiche simili, con impatti devastanti sul nostro comparto. Chiediamo quindi al Governo italiano e alla Commissione Europea di intervenire con urgenza attraverso la diplomazia economica per scongiurare questa decisione. Allo stesso tempo, è fondamentale rafforzare il dialogo con i nostri partner commerciali negli Stati Uniti per trovare soluzioni che tutelino un settore chiave del made in Italy. Il vino della Valpolicella è sinonimo di eccellenza e tradizione, e non può diventare vittima di una guerra commerciale che danneggia tutti”.
Un quadro sempre più teso, dunque, ma ancora tutto da definire, quello che riguarda il fronte Usa-Ue, ma con una guerra dei dazi che assume sempre più rilevanza mondiale, visto che oggi sono entrati in vigore quelli imposti dagli Usa su tante merci dal Canada e dal Messico, anche qui, generalmente al 25% (con le risorse energetiche canadesi colpite da dazi del 15%), mentre Trump ha dato ordine di raddoppiare dal 10% al 20% quelle sui beni importati dalla Cina, con Pechino che ha annunciato dazi in risposta a quelli degli Usa proprio su beni agroalimentari americani, come pollame, grano e mais. Un tema, quello dei dazi, sui cui è intervenuta in queste ore anche la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “una guerra commerciale non conviene a nessuno, neanche agli Stati Uniti”, ha dichiarato all’Ansa la premier, secondo cui il tema del surplus posto dagli americani “si può risolvere in maniera positiva piuttosto che avviando una escalation. Un tema che affronterò e in parte ho già affrontato con Trump e che l’Europa affronterà e sta affrontando. Farò di tutto per difendere l’Italia che è una nazione esportatrice”. Ma la tensione è al massimo, in uno scenario commerciale che si intreccia, ovviamente, con le differenti visioni di Usa ed Ue sulla guerra tra Russia e Ucraina.

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