Il colore che strega gli occhi, gli aromi che inebriano, il gusto che avvolge la bocca: nasce così l’esperienza del vino. E poi arriva il sorso, o meglio la deglutizione, con il vino che scorre lungo la gola, ora scaldandola, ora rinfrescandola, una volta accarezzandola con eleganza e delicatezza, un’altra travolgendola con potenza ed opulenza, lasciando nella mente il ricordo più o meno fugace di quello che si è bevuto. Un aspetto fondamentale, quello della deglutizione, senza il quale, secondo molti, si perde gran parte del senso del degustare vino. Certo, impossibile, o quanto meno difficilissimo, per chi deve degustare tanti vini in batteria, deglutire anche un solo sorso di 50, 100 o anche più vini: ne va della salute, e non solo. Eppure, viene da riflettere, in un periodo in cui molto, nel mondo del vino e nell’approccio al bicchiere sta cambiando, in maniera profonda, su uno strumento ed un rito, quello della degustazione, che pure è cambiato negli anni. Come si è virato sul “bere meno ma meglio”, viene, infatti, da domandarsi se non sia il caso anche di “degustare meno ma meglio”, dove meglio vuol dire in maniera più approfondita, completa, e quindi ingoiando (il vino, in fondo, è fatto per essere bevuto, e quindi ingerito), che vuol dire degustare meno vini. Un tema che WineNews ha sottoposto a nomi autorevoli del settore, come Jacky Rigaux, promotore della degustazione “geosensoriale”, Roberto Conterno, alla guida della Giacomo Conterno, cantina-mito delle Langhe dove nasce, tra le tante eccellenze, il leggendario Barolo Monfortino Riserva, e Lydia e Claude Bourguignon, produttori con Domaine Laroque d’Antan, in Francia, e tra i più affermati consulenti agronomi del mondo (qui il nostro video).
“Anch’io quando devo assaggiare 100-150 vini, per forza, devo sputare. Ma quando assaggio i vini prossimi ad essere imbottigliati, quelli no, quelli li bevo, perché altrimenti - spiega Roberto Conterno - viene a mancare la parte finale della degustazione, il “ritorno” della degustazione, che è fondamentale. Bere il vino è assolutamente importante per capirlo pienamente. Ognuno deve capire quanti vini degustare: è una cosa molto soggettiva, la degustazione. Non è che uno che degusta 100 vini sia più bravo di uno che ne degusta 10. In ogni caso, l’importante è che ognuno viva la degustazione a livello personale”.
Certo è che, soprattutto quando ci si approccia ai grandi vini, che sono quelli che esprimono e raccontano un territorio, viene da chiedersi come dovrebbe essere una degustazione contemporanea efficace, dal punto di vista di chi vuole semplicemente goderne la qualità, ma anche da quello di chi li deve assaggiare per poi poterli giudicare e raccontare. E su questo Jackie Rigaux non ha dubbi: “per comprendere i vini di luogo, i vini di terroir, bisogna apprezzare la loro materia, quindi necessariamente si deve partire dalla bocca per percepire la materia del vino, la consistenza, le texture, la morbidezza. Il vino è fatto per essere bevuto, per essere digerito, quindi la salivazione ci dà anche molte informazioni, e poi naturalmente ci interesseremo anche della sua vivacità, della sua morbidezza, della sua mineralità, e sentiremo anche i suoi aromi, ma gli aromi non sono le informazioni principali del vino: le informazioni principali del grande vino di terroir, del grande vino di luogo, sono la sua dimensione tattile e gustativa. La degustazione geosensoriale, in particolare, si inizia mettendo il vino in bocca e masticandolo per apprezzare bene la sua consistenza, la morbidezza, la texture e la salivazione, che non è la stessa se il vino è ingerito o non ingerito. Se un vino è fatto da vigne piantate su argilla, calcare o sabbia, da informazioni diverse in bocca, anche a livello di salivazione. È così che si percepisce il messaggio del terroir. Ci sono stati professionisti della geosensorialità, esperti che leggevano il messaggio del luogo, e ci sono luoghi di grande livello che, anche nelle annate più “piccole”, generano sempre un messaggio originale, distintivo”.
Una visione su cui concordano Lydia e Claude Bourguignon: “quando assaggiamo il vino, abbiamo sempre in mente il pensiero del suolo, la texture del vino è molto importante, e per capirla bisogna anche deglutire, per capire il senso del terroir”, dice Lydia Bourguignon. “Un vino che viene dall’argilla, per esempio, dà un’impressione quasi di colla tra lingua e palato, un vino che nasce nella sabbia riporta quella sabbiosità in bocca, il limo - aggiunge Claude Bourguignon - invece, porta una sensazione quasi di polvere di cioccolato, il calcare dà salinità, e fa produrre una saliva più grassa, mentre un suolo più ricco di granito darà vita ad un vino che stimola una salivazione più leggera e liquida”. Ma sono sensazioni che, per essere percepite, richiedono la deglutizione, spiegano Lydia e Claude Bourguignon.
“Per percepire davvero tutte le qualità di un vino bisogna deglutirlo, inghiottirlo - conclude Rigaux - è nella bocca che arriva il messaggio essenziale del vino. Perché il vino è un alimento, è fatto per il nostro piacere, il nostro benessere, e per questo bisogna apprezzarlo deglutendolo, quindi bisognerebbe dire: smettete di annusare e sputare, per capire il vino, per apprezzarlo bisogna toccarlo, sentirlo, inghiottirne qualche sorso”.
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