Se il Pinot Nero in Oltrepò Pavese ha una storia, quella storia passa da Conte Vistarino. È qui che, a metà Ottocento, il vitigno borgognone trova una seconda casa, diventando nel tempo il cuore identitario dell’azienda e del territorio. Il Tavernetto nasce dentro questa tradizione lunga oltre 160 anni, ma porta nel nome e nell’etichetta un rimando più informale, quasi conviviale: un luogo di incontro, di vino condiviso. Un Pinot Nero che guarda alla storia senza prendersi troppo sul serio. Nel calice il 2019 è luminoso, rubino vivo, con trasparenze che tradiscono subito la varietà. Il naso è dinamico e sfaccettato: ciliegia croccante, lampone e ribes aprono la scena, poi arrivano la viola, il sottobosco, un soffio ferroso e una speziatura fine che ricorda il pepe rosa. Il legno c’è, ma resta sullo sfondo, più a suggerire che a dichiarare, lasciando spazio a una lettura pulita e vibrante del frutto. In bocca è scattante, teso, con un sorso che invita al secondo assaggio. I tannini sono sottili, ben cesellati, l’acidità accompagna senza spigoli e allunga il finale, che chiude su note sapide e lievemente speziate. Non cerca la potenza, ma la bevibilità intelligente, quella che funziona tanto a tavola quanto fuori, proprio come suggerisce il suo nome. Un Pinot Nero che unisce memoria e leggerezza, capace di raccontare l’Oltrepò Pavese con un linguaggio contemporaneo, fedele allo spirito di Conte Vistarino.
(Francesca Ciancio)
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