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VINO E IDENTITÀ

Amarone della Valpolicella, l’Unesco come riconoscimento per i viticoltori, custodi del territorio

“Amarone Opera Prima 2023”: gli argomenti base della candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve a Patrimonio Immateriale dell’Umaninà
AMARONE, APPASSIMENTO, UNESCO, VALPOLICELLA, Italia
La messa a dimora delle uve per l’Amarone nei fruttai

Arriva un messaggio forte da “Amarone Opera Prima 2023”: il primo risultato della candidatura a Patrimonio Immateriale dell’Unesco della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella è un territorio che sta facendo squadra riflettendo su una tecnica inclusiva che si rinnova nel succedersi delle generazioni. La messa a riposo delle uve è il collante tra gli abitanti della Valpolicella e l’Amarone rappresenta l’“identità liquida” attraverso cui questa comunità si riconosce. Ecco le vere fondamenta della candidatura a Patrimonio Immateriale dell’Unesco. L’annuncio del completamento del dossier per la candidatura è stato annunciato ad “Amarone Opera Prima 2023”, la due giorni (oggi e domani, a Verona) del Consorzio di tutela dei Vini di Valpolicella, per celebrare il millesimo 2018 dell’iconico rosso veronese.
“Il dossier evidenzia che si tratta di una tecnica che rispecchia la storia sociale, politica, economica di questo territorio e ne manifesta la sua evoluzione. Il profondo radicamento culturale e identitario definisce la stessa architettura rurale della Valpolicella: un saper fare che da oltre 1500 anni identifica questa comunità”, ha spiegato Pier Luigi Petrillo, coordinatore del Comitato Scientifico, professore e direttore della Cattedra Unesco sui Patrimoni Culturali Immateriali dell’Università Unitelma Sapienza di Roma. “Si tratta un percorso molto lungo, articolato in sei fasi, e dagli esiti incerti - ha avvertito - tuttavia ciò che è importante è l’avvio del processo perché è la fase in cui i protagonisti del territorio prendono consapevolezza circa il valore della pratica candidata. All’Amarone non di per sé è necessario il riconoscimento, ma alle persone, ai viticoltori che sono custodi del territorio sì. Serve che questa tradizione venga tramandata alle prossime generazioni”.
Ecco che l’Amarone diviene “identità liquida” per la comunità che accudisce (grappoli, ndr) “gli spargoli” come fossero pargoli - come ha raccontato, con una bella immagine, Elisabetta Moro, ordinario di Antropologia Culturale all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e presidente del Comitato della Cattedra Unesco in Comparative Law & Intangible Cultural Heritage dell’Università di Roma Unitelma Sapienza - nella preparazione del dossier abbiamo avuto modo di leggere vecchi quaderni in cui venivano annotati regole e accorgimenti per appassire le uve al meglio. Veri testamenti del saper fare”.
Con l’estensione nel 2003 del riconoscimento Unesco anche ai beni immateriali, l’Organizzazione delle Nazioni Unite innesca delle fermentazioni culturali perché sollecita riflessioni e dà stimoli per guardare in modo nuovo alle pratiche: “in questo quadro - ha continuato la professoressa Elisabetta Moro - vanno ripensati anche i termini, chiamando i luoghi della messa a riposo delle uva non più fruttai, ma dimore, abbellendo questi spazi. La candidatura è prima di tutto una sfida culturale per preservare la storia passata, ma anche il futuro. Per mettere in movimento la comunità e renderla protagonista della propria storia coinvolgendo i giovani”. Ed oggi per recuperare e creare memoria sono disponibili gli strumenti digitali. “I diari emozionali sono il libro sacro della comunità e comunque vada la candidatura - ha concluso Elisabetta Moro - la comunità sarà più ricca”.
“Il completamento del dossier è un traguardo conseguito con un grande lavoro di squadra - ha sottolineato Christian Marchesini, presidente del Consorzio di tutela dei Vini Valpolicella - che ha messo, a fattore comune, la valorizzazione della Valpolicella e la sua vocazione all’eccellenza. Una unità di intenti e di visione che ha riscontrato l’appoggio anche delle istituzioni, a partire dalla Regione Veneto e dal suo presidente, Luca Zaia. Ora confidiamo che i Ministeri deputati a decidere la presentazione della candidatura sappiano riconoscere il valore antropologico e sociale di questa tecnica”.
La chiusura del dossier ufficiale segue le quattro “call to action” promosse dal Comitato Promotore (Consorzio Vini Valpolicella nel ruolo di coordinatore, Sovrano Nobilissimo Ordine dell’Amarone e del Recioto, Consiglio del Palio del Recioto e dell’Amarone, Associazione Strade della Vite e del Vino della Valpolicella) nel 2022. Il documento verrà ora trasmesso al Ministero della Cultura, a quello dell’Agricoltura e alla Commissione Nazionale per l’Unesco, l’organismo interministeriale, coordinato dal Ministero degli Esteri, cui spetta il compito di scegliere, entro il 30 marzo, l’unica candidatura italiana - tra le 40 avanzate - da inviare a Parigi per la valutazione.
Unanime il sostegno alla candidatura da parte delle istituzioni, nel talk show ad “Amarone Opera Prima 2023”, a partire da quello manifestato in un videomessaggio da Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del made in Italy. Pieno l’appoggio anche del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, portato dal Sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra, che ha sottolineato la volontà del Governo di supportare e valorizzare le eccellenze italiane, ma anche di decidere come produrre e come alimentarci. Ha poi ribadito il ruolo centrale dei Consorzi di tutela anche nella promozione, su cui ci sono importanti risorse, e la volontà di spingere i contratti di filiera. E sulla politica in Europa ha ribadito la necessita della linea forte adottata dal Ministro Lollobrigida contro derive come il Nutriscore o le recenti decisioni dell’Irlanda sulla segnalazione della pericolosità dell’alcol sulle etichette del vino. “Ci batteremo contro questo attacco - ha detto e ha aggiunto, tra il serio e il faceto - in etichetta potremmo riportare un vecchio e saggio detto “un bicchiere di vino fa sangue””.
“Il vino è cultura e noi italiani dobbiamo difenderlo da attacchi commerciali - ha concordato Gianmarco Mazzi, Sottosegretario al Ministero della Cultura, con delega Unesco - che spesso si celano anche dietro a provvedimenti legati alla tutela della salute. Questa candidatura porta in sè un elemento molto interessante, il valore del tempo, molto spesso dimenticato nella produzione agroalimentare industriale”.
“Siamo promotori di questa candidatura che può sublimare un prodotto iconico come l’Amarone della Valpolicella - ha detto Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, che, come ha lui stesso ha ricordato, nel 2003, ha decretato la Docg all’Amarone e al Recioto - se mi chiedessero come a Cornelia madre dei Gracchi di mostrare i miei gioielli, io mostrerei l’Amarone, il Prosecco, l’Asiago e tante altre eccellenze della regione. Il Veneto ha superato il “senso di inferiorità agricolo”, come dimostrano i nostri numeri e la vitalità del nostro sistema agroalimentare, in particolare di quello viti-enologico. Dietro i nostri dati c’è un’agricoltura identitaria, agricoltura che ormai nel nord Europa, che ci avversa, non c’è più. I nostri agricoltori sono i primi consumatori di ciò che producono, quindi abbiamo la sicurezza alimentare nel Dna”.
Nelle aziende che producono Valpolicella, in totale 2.271, che generano un giro d’affari legato al vino di oltre 600 milioni di euro, di cui più della metà legato proprio all’Amarone, ben 350 sono condotte da giovani sotto i 40 anni. “Questo dà la misura di quanto sia importante questa candidatura per coinvolgerli - ha sottolineato Damiano Tommasi, sindaco di Verona, che peraltro con 1.500 ettari è il Comune più vitato d’Italia - la sfida è ora portare la candidatura fuori del territorio, dal Veneto e dall’Italia per arrivare all’obiettivo e chi meglio dei giovani può contribuire a questo utilizzando il giusto linguaggio verso i coetanei”.

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