Biondi Santi: un mito, uno dei pochi del Bel Paese enoico. Un punto di riferimento tra i pochi su cui non c’è davvero bisogno di discutere. Un luogo, la cantina avvolta tra i cipressi e l’edera, i vigneti antichi, una serie di etichette diverse ma al contempo uguali a se stessi, anche se i protagonisti sono cambiati (oggi l’azienda è di proprietà della holding francese Epi Group). La più celebre cantina di Montalcino, proiettata a ricoprire il suo ruolo “naturale”, lo status definitivo di griffe mondiale, preservando tutte le chiavi filosofiche e stilistiche che hanno reso leggendari i Sangiovese del Greppo. Addirittura ulteriormente amplificate, con posticipazione, per esempio, dell’uscita dei Brunello, delle Riserva e del Rosso di Montalcino, a sottolineare ancora che il tempo è sempre galantuomo e che la natura si integra bene con l’opera dell’uomo solo con molta pazienza. Ecco che allora assaggiare oggi il Brunello di Montalcino 2009 diventa qualcosa di più che una degustazione di routine sullo stato di evoluzione di un vino. I suoi profumi sono caldi e avvolgenti, come l’annata che lo ha generato, sono però al contempo fragranti e fini, con qualche piccolo cenno di evoluzione a complessificare il tutto. In bocca, il sorso è succoso, deciso e contrastato, con tutte le sue belle durezze ancora scalpitanti, a ricordarci il carattere di un vitigno mai scontato e dal sicuro fascino.
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