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LA NOVITÀ

Dalle richieste della moda all’effetto tropicalizzazione, il ritorno del cotone made in Italy

Coldiretti: “è la risposta degli agricoltori alla richiesta da parte dei consumatori di produzioni nazionali”
Coldiretti, COTONE, MADE IN ITALY, Non Solo Vino
Riparte la produzione di cotone in Italia

Dal vino all’olio, dalla verdura agli agrumi, la terra è la base da cui nascono tante eccellenze enogastronomiche che sono un patrimonio di cui l’Italia è ricca e che contribuiscono fortemente all’economia del Paese. Ma sarebbe riduttivo fermarsi qui. Dalla terra nasce anche il cotone, materiale di cui non può fare a meno il mondo della moda, altro settore chiave del made in Italy e dell’artigianalità tutta italiana che è diventato un esempio del mondo. E proprio in questi giorni parte la raccolta del cotone 100% italiano che può beneficiare della riscoperta di una fibra naturale che fra Puglia e Sicilia coinvolge oltre 300 ettari. Una raccolta “spinta” proprio dal mondo della moda che sempre di più cerca tessuti nazionali per le sue creazioni. Una novità importante come dimostra anche il report Coldiretti “2023, il ritorno del cotone italiano” diffuso per l’entrata in azione delle raccoglitrici nei campi della Capitanata, in Contrada Valle di Iaccio, a San Severo (Foggia), nell’Azienda Agricola Luciani.
Una raccolta partita in ritardo per l’andamento del clima ma di qualità eccellente grazie anche alla nuova varietà a fibra media. La produzione è di oltre 35 quintali ad ettaro per quotazioni che toccano i 140 euro al quintale per il biologico e 110 euro al quintale per il tradizionale. La coltivazione costa tra gli 800 e i 1.200 euro ad ettaro, cifra in cui incide l’acquisto dei semi, la concimazione, l’irrigazione, la manodopera, il gasolio per i macchinari e la raccolta. Il cotone inoltre rappresenta un’ottima coltura da rinnovo, che consente di allargare le rotazioni con colture da reddito, rispondendo ad una esigenza fondamentale, in particolare per l’agricoltura biologica. Ma è anche la più importante pianta tessile al mondo, presente in tutte le aree geografiche con Cina, Stati Uniti, India, Pakistan che sono i maggiori produttori, mentre in Europa viene coltivato in Grecia e Spagna.
Una pianta diffusa in passato anche in Italia, in molte aree della Sicilia fra l’Agrigentino e la piana di Gela, ma abbandonata a partire dagli Anni Sessanta
per l’avvento delle fibre sintetiche, lo strapotere del prodotto straniero e il peso dei costi di produzione considerato che la raccolta all’epoca avveniva esclusivamente a mano. In Italia, dove secondo l’analisi Coldiretti le importazioni nel 2022 hanno superato i 212 milioni di chili per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro, la coltivazione del cotone torna alla ribalta per rispondere alla grande richiesta di fibre e tessuti 100% made in Italy.
E non è un caso che esista una sola varietà nazionale ufficiale, la “Gela”, alla quale la ricerca agronomica sta cercando di affiancare altre varietà che ben si adattano al territorio italiano. Ma il ritorno del cotone in Italia è anche il risultato della tropicalizzazione del clima che ha già fatto registrare negli ultimi anni l’introduzione di nuove specie coltivate al Sud come il mango, l’avocado e le banane e che ha fatto spostare molto a Nord l’areale di presenza della coltivazione dell’olivo.
Il cotone si distingue anche per la sua versatilità e, quindi, non si limita soltanto all’abbigliamento. Un utilizzo molteplice che va dal mangime per la zootecnia all’olio per cosmesi e farmaceutica, mentre la pianta, in grado di raggiungere anche i tre metri di altezza a seconda della varietà, può essere ridotta in trucioli da sfruttare come combustibile nelle centrali termiche per il recupero energetico della biomassa vegetale. Dalla fibra si producono anche cotone idrofilo e ovatta. “Il ritorno della coltivazione del cotone - sottolinea la Coldiretti - è la risposta degli agricoltori alla richiesta da parte dei consumatori di produzioni sempre più 100% Made in Italy, dalla tavola all’abbigliamento. Un impegno concreto di fronte all’esigenza di garantire sostenibilità ambientale e sociale nei processi di filiera”.

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