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MARE & PESCA

Dopo l’Adriatico stop alla pesca per un mese dallo Ionio al Tirreno

A darne notizie è Coldiretti Impresapesca: sulle nostre italiane non mancherà comunque il prodotto italiano
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Un peschereccio nella foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay

Stop al pesce fresco a tavola per l’avvio del fermo pesca. E, quindi, scatta il blocco delle attività della flotta italiana dallo Ionio al Tirreno, nel tratto di costa che va da Brindisi, in Puglia, fino a Reggio Calabria. A darne notizia è Coldiretti Impresapesca, nel sottolineare che il blocco durerà dal 4 settembre al 4 ottobre e va ad aggiungersi a quello già attivo in tutto l’Adriatico dove le attività verranno riprese in alcuni tratti del litorale solo il 9 settembre.
“Come lo scorso anno - spiega Coldiretti Impresapesca - in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di fermo a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata”
. Non mancherà però, nonostante l’interruzione delle attività, il prodotto italiano, dal pesce azzurro come le alici e le sarde, al pesce spada, spigole, orate, sogliole, cannocchie, vongole e cozze provenienti dalle barche della piccola pesca, dalle draghe e dall’acquacoltura. Per il consumatore è importante verificare bene le informazioni in etichetta sui banchi di pescherie e supermercati.
“Il fermo cade quest’anno in un momento difficile - denuncia Coldiretti Impresapesca - con la spada di Damocle delle nuove linee di indirizzo del Commissario alla Pesca ed all’Ambiente Virginijus Sinkevicius che pende sulla Flotta Italia. La misura più dirompente è il divieto del sistema di pesca a strascico. Ma le nuove linee prevedono anche la restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30% di quelle attuali, con scadenze ravvicinate nel 2024, 2027 per concludersi nel 2030. Resta poi il problema che l’assetto del fermo pesca 2023 non in tutti gli areali risponde ancora alle esigenze delle aziende né a quelle di sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato di alcune risorse che il fermo vorrebbe tutelare, in una delicata fase di vita, nei 38 anni di fermo pesca non è granché migliorato nonostante gli sforzi e le restrizioni messe in atto dalla flotta nazionale che ha visto una contrazione perdendo il 33% delle unità da pesca e 18.000 posti di lavoro”.
Per Coldiretti Impresapesca “il fermo non deve essere una mera restrizione dei tempi di pesca, misure già abusate dai regolamenti comunitari, ma deve avere come obiettivo quello di tutelare le risorse target nelle fasi biologiche più importanti quali la nascita e l’accrescimento dei giovanili, una fase di tutela che non può essere disgiunta dalla attenzione alla sostenibilità economica delle imprese di pesca coinvolte alla misura di fermo e dalla sostenibilità sociale per la tenuta dei territori costieri e delle tante economie collegate alla produzione ittica quali il commercio, la ristorazione, il turismo, la cantieristica”.

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