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“Il vino è metafora di quello che l’Italia può fare da situazioni difficili. Però non dobbiamo cullarci sugli allori ma progettare il futuro del settore, anche grazie ai 50 anni di Vinitaly”. Così il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina

Italia
Vino metafora di quello che è l’Italia, ma ora progettare il futuro dice il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina

“La storia del vino è la metafora di ciò che possiamo fare anche in situazioni difficili, è la prova provata che si può rinascere e riorganizzare e riuscire più forti anche da momenti molto molto complicati. Negli anni del metanolo sembra davvero che il vino italiano fosse definitivamente morto, oggi siamo a raccontare una storia di grande successo. Lo dico anche per la tante crisi che abbiamo davanti in altri settori: ce la possiamo fare, ma dobbiamo riorganizzarci, fare squadra e avere il coraggio di cambiare, soprattutto nei momenti difficili”.

A dirlo il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, a Roma, nella giornata “Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualità”, di Fondazione Symbola e di Coldiretti.

“Il vino racconta che l’Italia ha eccellenze straordinarie - ha detto Martina - ed è importante rifletterci nel 2016 che io credo sia un anno importante, perché viene dopo un 2015 in cui siamo usciti più consapevoli delle nostre qualità e dei nostri punti di forza anche grazie ad Expo. Ma anche perché è l’edizione n. 50 di una esperienza straordinaria come Vinitaly, e noi dobbiamo utilizzare al meglio questo “compleanno” per capire e chiarire le strategie futuro del posizionamento del vino italiano nel mondo. Anticipo qui che anche il mio Ministero contribuirà ad un Vinitaly speciale in questo senso, perché dobbiamo capire cosa vuol dire portare il vino nel mondo nel 2016 e nei prossimi anni, evitando solo di celebrarci su quanto fatto, ma chiarendo quale è la nuova frontiera che vogliamo presidiare, e quando presenteremo Vinitaly a Roma (il 16 marzo, ndr) questo sarà chiaro”.

“Io credo che la celebrazione di quando fatto è giusta - aggiunge Martina - ma vale il tempo di qualche minuto. La cosa più importante è progettare il futuro, guai a sederci sugli allori. Dobbiamo continuare a lavorare sulla riorganizzazione del settore del vino, e a mettere le nostre imprese in condizioni di essere più efficaci nel mondo dove i competitor sono sempre di più e più bravi. Dobbiamo essere aperti a misurare innovazione e tecnologia e capire come ci posso aiutare. Mai come in questi anni sulla filiera del vino, e non solo, al netto delle discussioni, c’è una frontiera della ricerca genetica aperta, che sta andando avanti. Il sequenziamento del genoma della vite è stato fatto in Italia, grazie alla ricerca pubblica: è una cosa che va raccontata, senza dirci che siamo i più bravi, ma neanche che siamo fermi al Medioevo. E senza fermarci a steccati ideologici, ma confrontandoci sempre su un mondo che va avanti, ovviamente tenendo fermo e presente quale è il nostro modello produttivo”.

Ma sono tante le questioni ancora aperte, sottolinea il Ministro.

“Come la partita della burocrazia che non è ancora vinta. Abbiamo fatto molte cose, come i registri dematerializzati, che vanno però messi a sistema, per esempio, perché comunque tradurre le riforme in cambiamenti concreti richiede un lavoro faticoso a tutti e anche tempo. Ma comunque non basta. Dobbiamo tenere conto che tanti cambiamenti, sul fronte tecnologico, ma anche normativo e di mercato, sono già in atto: la sfida è farci trovare pronti. E il vino, in virtù della sua forza è il primo fronte su cui possiamo avanzare in questa partita. Il “Testo Unico”, per esempio, è stato un grande lavoro su cui ora voglio accelerare, e sul quale mi spenderò in prima persona. Voglio portare a casa, concretamente, la battaglia contro la liberalizzazione dei nostri vitigni in Ue, che è una bella pagina di iniziativa italiana che ha messo insieme istituzioni, associazioni e imprese, e su cui è annunciato il dietrofront, ma io voglio i fatti. Altro tema su cui continuare a lavorare - aggiunge Martina - è quello dei controlli: l’asticella non va abbassata, anzi, ma le cose vanno messe a sistema e impostate in una logica per cui le imprese li vivano come una garanzia e non come una vessazione. Chiudo dicendo: se non ora, quando? La storia del vino che scriveremo sarà una palestra, una metafora lucida del percorso che l’Italia, anche oltre al tema agricolo e agroalimentare, può fare, quando esperienze, tradizioni e visioni si uniscono per dare forma ad un progetto di sistema Paese, come successo in questo settore negli ultimi 30 anni”.

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