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La ripresa non è forte come sperato, e in tavola si fanno largo sempre più prodotti bio, etnici e con una particolare attenzione alla salute. A dirlo il “Rapporto Coop 2016”. Il presidente Pedroni: “un ulteriore aumento dell’Iva sarebbe un disastro”

In un quadro italiano in cui la ripresa economica non è concreta come si sperava, il cibo, come tutti i generi di largo consumo, non fa eccezione: mangiamo di meno in quantità, ma sempre più global (l’etnico fa +8% nel primo semestre 2016), oramai è fuga dalla carne (-13% in 6 anni), i cibi sono sempre più light (nella top ten lo zucchero di canna domina rispetto a quello raffinato così come il latte a alta digeribilità), i prodotti “senza” (senza sale, senza glutine, senza lattosio) crescono (+5,7% nel primo semestre) e si afferma lo stile alimentare “clean”. Ripulirsi è il mantra a tavola dei nuovi italiani, fornire al proprio organismo solo carburante sano e per farlo si ricorre a due armi. La prima consiste nella riscoperta di ingredienti “antichi” diventati i “superfood” di oggi: lo zenzero, la quinoa, la curcuma sono parole cercate ossessivamente in rete ma anche fonte di un segmento di fatturato in crescita (il giro d’affari dello zenzero anno su anno fa registrare un +141% e la curcuma supera il 93%). Il bio cresce a due cifre (+21% in un anno), ma anche l’ “altro cibo” (pillole, integratori, beveroni) cresce del 7,7%, con l’Italia mercato n. 1 in Europa, per un valore di 2,5 miliardi all’anno. Sono alcuni degli “atout” del “Rapporto Coop 2016” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop, presentato oggi a Milano.

“Le famiglie italiane non se la passano bene come si poteva sperare, perchè c’è un po’ di ripresa ma, nel largo consumo, la situazione è piatta, se non in negativo, come negli ultimi mesi, con una riduzione dei consumi. Ma dietro a questi dati - commenta a WineNews il presidente di Coop Marco pedroni - ci sono movimenti fortissimi, perchè le persone e le famiglie stanno cambiando molto nelle loro scelte culturali e nel loro modo di vivere. Per cui crescono moltissimo prodotti che hanno a che fare con la salute, con il benessere, e anche con delle mode, e continua la decrescita di settori che non hanno a che fare con questo filone. E poi c’è un’altra cosa importante da considerare: a differenza degli anni 90 e anche dell’inizio dei 2000, consumare tanto non è più di moda, anzi, l’attenzione alle quantità, la frugalità e il non sprecare sono concetti entrati profondamente nel quotidiano. Questo ci dice di famiglie e consumatori cambiati molto, e le imprese fanno fatica a stare dietro a questi cambiamenti, ma ci stanno provando”. E infatti, secondo il Rapporto, in un contesto in cui la gdo è in affanno,solo gli specializzati in grado di colpire target individuali di consumatori ottengono soddisfazioni economiche, e infatti la redditività degli specialisti nel largo consumo è 5 volte quella della grande distribuzione “tradizionale”.
“Noi stiamo affrontando questo tipo di cambiamento - spiega Pedroni - soprattutto con il nostro prodotto a marchio Coop, guardando avanti negli anni”.

Un futuro incerto dunque e sul quale, a livello nazionale, incombe un temuto e possibile ulteriore aumento dell’Iva: “Sarebbe un disastro se arrivasse, perché quello di cui ha bisogno il Paese è di sostenere la domanda interna, non di deprimerla, e tutto quello che è la tassazione sui consumi sarebbe intanto iniqua perché colpirebbe in modo indifferenziato chi ha molto e chi ha poco, e poi anche negativa dal punto di vista del sostegno all’economia”.

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