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LA STORIA DEL “SAGRANTINO”

La tradizione storica che accompagna i vini di Montefalco è ricca di testimonianze storiche, archivistiche, artistiche: Plinio il Vecchio, nella sua Storia Naturale, cita l’Itriola come uva tipica di questo territorio ed alcuni studiosi l’accostano al Sagrantino (altri, invece, vogliono il Sagrantino vitigno importato dai seguaci di San Francesco dall’Asia Minore: il nome sarebbe riconducibile ai Sacramenti, visto che, per la sua dolcezza, l’uva era coltivata dai frati che la utilizzavano nei riti religiosi); all’Alto Medioevo risalgono bassorilievi con tralci di vite e grappoli incastonati nella parete esterna dell’abside della Chiesa di San Bartolomeo in Montefalco ed enigmatiche figure fra grappoli d’uva decorano pure il portale dell’antica Pieve di Castel Ritaldi; di terre piantate a vigna nelle terre di Montefalco si scrive già nel 1088. Dal Duecento, inoltre, numerosi i documenti, conservati nell’Archivio Storico di Montefalco, che descrivono la cura costante che “… i vignaioli riservano al campo piantato a vigna …”. E’, però, nella prima metà del Trecento che le leggi comunali iniziano a tutelare “vite e vino”, dedicandogli interi capitoli e rubriche di statuti comunali (dal loro contenuto emerge una decisa volontà a mantenere e difendere un prodotto originale di gran valore commerciale). Nel 1451, il celebre pittore fiorentino Benozzo Gozzoli, chiamato dai Francescani ad affrescare l’abside della loro chiesa (oggi museo civico, fra i più importanti del centro Italia), allude forse al Sagrantino nel dipingere la bottiglia di vino rosso sulla mensa imbandita del Cavaliere da Celano (ciclo della “Storia della vita di San Francesco”). Dal 1540 si stabilisce anche, con un’ordinanza comunale, la data d’inizio delle operazioni vendemmiali di Montefalco. Il vino pregiato di Montefalco, nel Rinascimento, è ormai noto ed apprezzato che anche il provveditore della fortezza di Perugia Cipriano Piccolpasso, nel 1565, nella relazione di tutti i luoghi dello Stato Pontificio (destinata al Papa), parla di “… Montefalco, posto sopra un colle di bellissima veduta, è ornato di belle et bone vigne, coltivati terreni et di gran frutto, fa dilicati vini …”. La gelata dell’inverno 1586 è un flagello storico per le piantagioni viticole di Montefalco, che tornano a produrre soltanto dopo alcuni decenni. Nel 1622, il cardinale Boncompagni, Legato di Perugia, aggravò di molto le sanzioni già stabilite dallo statuto comunale prevedendo persino “… la pena della forca se alcuna persona tagliasse la vite d’uva …”. Nell’Ottocento, il Calindri, nel suo “Saggio geografico, storico, statistico del territorio Pontificio”, cita Montefalco al vertice “… dello Stato per i suoi vini …”. Ed è in quest’epoca che cominciano ad arrivare importanti riconoscimenti per il Sagrantino, un vitigno da sempre votato alla scarsa produttività. Nel 1925, alla Mostra enologica dell’Umbria, Montefalco è definito centro vinicolo più importante della regione: “Montefalco occupa il primo posto nella cultura del vigneto specializzato con un prodotto medio annuo di 65 quintali d’uva per ettaro”. Il 30 ottobre 1979 il Sagrantino ottiene il riconoscimento della Doc ed il 5 novembre 1992 il riconoscimento della Docg, che mette il sigillo a questa solida tradizione, costituendo una tappa fondamentale per il futuro sviluppo sociale ed economico del territorio. L’antica tradizione enologica e la tecnica d’appassimento del Sagrantino, l’uva che ha fatto la fortuna di questo territorio, ha permesso la creazione a Montefalco di un Centro nazionale di studi sui vini passiti d’Italia.

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