Salire alla collina dei Tre Re a Prepotto ed essere accolti da Flavio Basilicata, da sua moglie Silvana e da Cora, loro figlia, è un sano pellegrinaggio per lo spirito. Gente tosta, che si è fatta da sola, partiti con qualche ettaro in affitto e la prima vendemmia nel 1984. Non si sono allargati molto, a loro bastano i 3 ettari di proprietà e i 2 in affitto. Saggi viticoltori, ciò che conta è far bene quello che si fa e andare al nucleo dell’essenza. I sacri sassi son quelli della chiesetta sulla collina, dove si svolgevano i riti in sintonia con la vita contadina. In quest’angolo di terra di confine (siamo a 1 chilometro in linea d’aria con la Slovenia), due terreni differenti giacciono accanto: marne e arenarie (il flysh, che localmente è detto ponca), alternate a banchi di brecce calcaree e argillose. Il nome deriva da qui, ma ci potrebbe essere anche un’altra interpretazione: Italia e Slovenia, le due terre confinanti. Il modo di lavorare di Flavio è estremamente rispettoso della terra (lavora in bio ma non è certificato) e del frutto delle vigne: un saper fare artigianale, semplice, per es. fermentazione senza controllo della temperatura, lieviti autoctoni di proprietà, travasi nei legni, lungo élevage. Nel bicchiere mi ritrovo erbe di campo, camomilla, pesca bianca; il sorso succoso è fresco e intenso, irrora le papille e scoda in una scia luminosa, sapida, lunga che chiede “ancora, ancora!”.
(Alessandra Piubello)
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