Non finiscono le buone notizie, ancora più confortanti in un periodo come quello che stiamo passando, sul fronte dei fine wine: se una settimana fa (qui il nostro articolo) erano i numeri del primo trimestre 2020 del Liv-ex a rincuorare il vino italiano, unico indice a crescere, seppure di un +0,59%, con l’Italy 100, dedicato alle migliori etichette del Belpaese, formato dalle ultime 10 annate fisiche (2007-2016) dei grandi Supertuscan, ovvero il “trittico” della famiglia Antinori, formato da Solaia, Tignanello e Guado al Tasso, ed ancora il Sassicaia, quindi Masseto e Ornellaia, ed ancora dal Sorì San Lorenzo (annate dal 2006 al 2011 e dal 2013 al 2016), Barbaresco (dal 2007 al 2016) e Sperss (2005-2011 e 2013-2015) di Gaja, e dal Barolo Monfortino Riserva di Giacomo Conterno (con le annate dal 1999 al 2002, dal 2004 al 2006 e poi 2008, 2010 e 2013), a corroborare quanto di buono fatto dai fine wine del Belpaese c’è un altro dato. Ossia la share dei vini italiani scambiati sul mercato secondario nella prima settimana di aprile, pari al 24,7% a valore, un dato che consolida il ruolo delle etichette del Belpaese, ormai dietro solo a quelle di Bordeaux (36,1%, in calo verticale dal 50,3% del mese di marzo), e stabilmente davanti alla Borgogna, a quota 11,2%. Un vero record per il Belpaese, trainato ancora dal Barolo Riserva Monfortino 2013 di Giacomo Conterno, il vino più scambiato nel periodo, che ha raggiunto una quotazione di 7.400 sterline a cassa, ed un’altra etichetta nella top 5 delle più scambiate, il Barolo Bricco Viole 2016 di Vajra.
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