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IL PROGETTO

Nel nome della luce: Cusumano ed il maestro, “da Oscar”, Vittorio Storaro per Istituto Mario Negri

Il progetto di beneficenza della griffe siciliana che, attraverso le foto, ha raccolto fondi per la ricerca (e lo farà fino a Natale, on line)

Il mecetanismo di una delle realtà più prestigiose del vino siciliano come Cusumano, l’autorevolezza artistica di Vittorio Storaro, “cinematografo” e maestro della fotografia, insignito di ben tre premi Oscar per “Apocalypse Now”, “Reds” e “L’ultimo Imperatore”, e la beneficenza a favore di una delle più importanti istituzioni di ricerca in Italia, come l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri: sono gli ingredienti vincenti del progetto “Lightland” voluto da Cusumano, che ha raccolto 8.200 euro nella Casa degli Artisti di Milano, grazie alla generosità di cultori della fotografia che hanno riposto all’invito di partecipare all’asta battuta da Christie’s, ieri 25 ottobre, al fine di portare luce e speranza a chi soffre a causa di malattie gravi attraverso il prezioso lavoro dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Risultato di un lavoro che ha visto Storaro, in maggio, “camminare” i vigneti dell’Etna e di San Giacomo a Butera di Cusumano e, con una squadra di giovani registi, realizzare dei contributi fotografici e video incentrati sulla luce della Sicilia.
Partendo da questi contenuti, in giugno è stata aperta una Open Call per un ampio collettivo di fotografi invitati da Perimetro, un community magazine che racconta il territorio urbano (100 fotografi per Bergamo, United Photographers for Ukraine) a catturare con un’immagine il rapporto tra luce e la madre Terra. Tra più di mille foto raccolte: una giuria presieduta da Storaro ha selezionato le 36 immagini battute all’asta nella Casa degli artisti di Milano. Ma la solidarietà non si ferma: sarà possibile sostenere il progetto ancora fino a Natale acquistando alcune delle foto selezionate all’indirizzo https://lightland.marionegri.it.
“La Sicilia - racconta Vittorio Storaro - ha avuto l’opportunità di coltivare la vite in una zona collinare vicino all’Etna in cui nei secoli, grazie alle tante eruzioni, si è formato uno strato scuro, quasi nero, del terreno che fa sì che mentre la pianta riceve la luce del sole, il nero della terra assorbe il calore che scalda le radici, creando una congiunzione tra l’energia proveniente dal cielo e quella che si trasforma in calore. Sempre in Sicilia, a San Giacomo di Butera, il sole incontra un terreno molto chiaro, calcareo, per cui la pianta riceve nella parte aerea una luce incidente, mentre, nella parte bassa, il frutto, e le foglie ricevono il riflesso di una luce soffusa, un’energia composta. Due luoghi particolari e completamente diversi che sfruttano gli elementi della vita, come ci insegnano i greci: la terra, il fuoco, l’acqua e l’aria. La comunione tra materia ed energia formano il giusto equilibrio. I greci, guarda caso, proprio in una delle fasi più creative di quel periodo, hanno costruito un tempio che si chiama “della Concordia”, un esempio di bellezza e di equilibrio architettonico che unisce in armonia le due parti l’energia che viene dal cielo e quella offerta dalla terra”.
“La potente luce della Sicilia - aggiunge Diego Cusumano - è l’energia di questa terra. E i vini ne sono l’espressione. Con mio fratello Alberto ci interroghiamo da tempo su come raccontare il tratto distintivo della luce. La domanda ha assunto massima urgenza ora, dopo due lunghi anni di buio. La scintilla che - è il caso di dire - ci ha illuminati, è scattata durante la lavorazione del nuovo vino Fosnuri (cru di Syrah in purezza, ndro) nella Tenuta di San Giacomo a Butera dove la luce è “al quadrato” perché potenziata dalla rifrazione del terreno calcareo bianchissimo. Chi è il massimo interprete internazionale della luce? Con Vicky Gitto abbiamo pensato al Maestro Vittorio Storaro che all’invito che gli abbiamo rivolto insieme a Perimetro, ha risposto con entusiasmo. Ecco com’è nato LightLand! Anche la finalità solidale - conclude Diego Cusumano - è un modo per rivedere la luce”, alludendo alla speranza che la ricerca infonde”.

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