Fu Anselmo Paternoster che nel 1925 puntò sull’Aglianico del Vulture. Una scelta lungimirante che ha condotto questa realtà produttiva - dapprima provvedendo alla sola commercializzazione poi producendo direttamente i propri vini - a diventare la guida di quella che può essere considerata una vera e propria rinascita dell’areale del Vulture e dei suoi vini alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, all’interno di un processo virtuoso che interessò l’intero sud Italia. Acquisita nel 2016 dal Gruppo veneto Tommasi Family Estates, la cantina di Barile della famiglia Paternoster, che continua a lavorare in azienda, è un brand fondamentale per il Vulture enoico. Gli ettari a vigneto, condotti a biologico, sono 20 per una produzione annua complessiva di 150.000 bottiglie. La cifra stilistica delle etichette dell’azienda, che attinge le sue uve principalmente dalle “sottozone” di Barile e Macarico, è ormai consolidata e costituisce un modello e un punto di riferimento per tutto un territorio. Maturato parte in acciaio e parte in legno, l’Aglianico del Vulture Barilliott è una versione spigliata dai toni fragranti del rosso lucano per eccellenza. La vendemmia 2021 profuma di ciliegia, prugna e frutti di bosco, con tocchi speziati e ferrosi a rifinitura. In bocca il sorso è succoso e scorrevole, dal solido grip tannico e dall’accentuata sapidità, terminando con un finale caldo e ben profilato.
(fp)
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