Se per le grandi firme è “di moda” aprire locali, almeno da quando, alla fine degli anni Novanta, Ralph Loren inaugurò il primo ristorante RL a Chicago, in un’escalation che ha visto nascere una vera e propria “collezione” di indirizzi food & fashion, oggi sono sempre di più le griffe della moda che investono nell’ospitalità di lusso, spinte da un business che non conosce crisi. L’ultimo progetto è il primo Louis Vuitton Café by Timeo d’Italia nella boutique Louis Vuitton a Taormina e con ai fornelli lo chef Roberto Toro del Grand Hotel Timeo della “perla del Mediterraneo”, aperto, nel pieno della stagione turistica in Sicilia e già un’attrattiva di una delle sue mete più eleganti e famose, dal più importante marchio di alta gamma al mondo (oltre 20 miliardi di euro di ricavi nel 2022) e tra le 75 Maison di Lvmh, il più grande gruppo mondiale del lusso guidato da Bernard Arnault (che ha chiuso il primo semestre 2023 con fatturato in crescita del +17% a 42,2 miliardi di euro), in settori diversi tra cui la divisione vini & alcolici Moët Hennessy (unica a segnare un -3% a 3,1 miliardi di euro, ma su una base di confronto particolarmente elevata, e che mette insieme alcuni dei brand più prestigiosi in Francia e nel mondo, da Clos Des Lambrays a Château d’Yquem, da Dom Pérignon a Ruinart, da Moët & Chandon a Veuve Clicquot, da Château Cheval Blanc a Krug, da Mercier a Chandon, da Cloudy Bay a Newton Vineyard, da Bodega Numanthia a Terrazas De Los Andes, da Ao Yun a Cheval Des Andes e Cape Mentelle), l’hôtellerie (con il gruppo Belmond, di cui fanno parte il Grand Hotel Timeo di Taormina e l’Hotel Cipriani di Venezia, e Cheval Blanc) e la ristorazione.
E che ha visto Louis Vuitton aprire, negli ultimi anni, il “Cafè V” ad Osaka, in Giappone, il Mory Sacko at Louis Vuitton a Saint-Tropez nell’hotel “White 1921”, la caffetteria e cioccolateria Maxim Frédéroc at Louis Vuitton nello spazio Lv Dream Parigi, dove nei prossimi anni dovrebbe aprire anche il primo hotel griffato, e il ristorante stellato The Hall by Louis Vuitton a Chengdu, in Cina. Ma, sempre del gruppo Lvmh, c’è anche Christian Dior (che ha già vari caffè tra Saint-Tropez, Tokyo, Seoul e Miami) e che ha inaugurato a Parigi, nello storico indirizzo di Avenue Montaigne, il suo raffinatissimo ristorante Monsieur Dior, capitanato dallo chef Jean Imbert. E in chiave parigina non poteva mancare una sosta per acquistare macaron ed éclair griffati: si può farlo naturalmente all’adiacente Pâtisserie Dior.
Il Louis Vuitton Café by Timeo - che si inserisce nel progetto di resort estivi di Louis Vuitton, con negozi pop up ed esperienze culinarie sulle spiagge più famose, dagli Hamptons a Saint Tropez, da Bodrum a Mykonos - dopo l’apertura del Tommy’s Cafe a Milano, primo bar in Europa di Tommy Hilfiger, è dunque solo l’ultimo esempio nella lunga lista stilata da WineNews della strategia di diversificazione del mondo della moda italiana ed internazionale che fa l’occhiolino all’inarrestabile hype che ruota attorno alla gastronomia, e che consente a fashion addicted, foodies, ma anche ai semplici curiosi, di godere di una full immersion in un ambiente in cui ogni dettaglio corrisponde all’estetica della griffe, dove il marchio non è solo sinonimo di shopping, ma anche di sapori ricercati, presentazioni curatissime, ambientazioni suggestive, luoghi d’incontro e soprattutto esperienze.
Milano rimane la prima scelta per gli investimenti delle aziende del fashion nella ristorazione. Uno dei pionieri è stato Giorgio Armani, che, nel 1998, ha aperto il suo primo ristorante a Parigi, seguito nel 2000 da Armani Nobu a Milano, in partnership con la firma mondiale del sushi. Più giovane e informale il format dell’Emporio Armani Ristorante & Caffè, a cui si affianca l’elegante Armani Ristorante, tutti racchiusi all’interno del raffinato Armani Hotel Milano, in via Manzoni. Oggi lo stilista italiano vanta una rete di oltre 20 locali in tutto il mondo, da Tokyo a Dubai. Nell’intreccio tra food & beverage e moda il design dei locali è importante tanto quanto il menu, perché deve riflettere a pieno l’immagine del brand. Non a caso Prada (che è anche proprietaria dello storico brand meneghino Pasticceria Marchesi), nel 2015 ha chiamato nientemeno che il regista cult Wes Anderson (tra i suoi film più famosi “The Grand Budapest Hotel”, “The Tenenbaums” e l’ultimo “The French Dispatch”), noto per la sua inconfondibile visione estetica e l’estrema cura dei dettagli, per disegnare il suo Bar Luce, dall’allure vintage ispirata agli anni Cinquanta e Sessanta. Ma la Fondazione Prada ospita anche, all’ultimo piano, il ristorante Torre, progettato dall’architetto Rem Koolhaas, che propone cucina dall’impronta toscana, tra opere d’arte e pezzi unici di design. Sempre a Milano, Dolce & Gabbana firmano il DG Martini Bar & Bistrot in Corso Venezia, che unisce due icone dello stile italiano in un ambiente lussuoso (appena rinnovato dall’architetto Eric Carlson) e un menu che risente di una decisa influenza siciliana. Location d’eccezione sul rooftop del quartier generale di Dsquared (brand fondato dai gemelli canadesi Dean e Dan Caten) per il ristorante Ceresio 7, con la cucina dello chef Elio Sironi e due piscine con vista ineguagliabile sul panorama cittadino. Ricorda una nave, grazie alla preziosa boiserie in legno, il ristorante The Stage, del marchio di casualwear Replay, mentre Ralph Lauren accoglie i suoi clienti al The Bar at Ralph Lauren, accanto allo store, per un classico cocktail Old-Fashioned o un hamburger in puro American style. Trussardi, nel proprio palazzo milanese di fronte al Teatro alla Scala, ospita il ristorante Trussardi alla Scala by Giancarlo Perbellini - che si è guadagnato 2 stelle Michelin - oltre che un più informale caffè. La griffe Bulgari ha scelto lo chef stellato Niko Romito per il ristorante del Bulgari Hotel Milano, mentre a Dubai c’è Versace Vanitas, ristorante italiano dell’hotel Palazzo Versace.
Gucci (proprietà della holding del lusso Kering) ha invece scelto Firenze, città di origine del brand fondato da Guccio Gucci: qui nel 2018 ha aperto Gucci Osteria by Massimo Bottura, con la supervisione dell’über chef dell’Osteria Francescana. Affacciato sull’iconica Piazza della Signoria, il ristorante (1 stella Michelin) propone una cucina internazionale, servita naturalmente in finissime stoviglie Richard Ginori (altro storico marchio toscano acquistato e rilanciato negli ultimi anni proprio da Gucci). È affiancato da una boutique e da una galleria d’arte, oltre che dal nuovissimo cocktail bar Gucci Giardino 25. Dopo il capoluogo toscano Osteria Gucci ha aperto anche a Beverly Hills, Tokyo e Seoul. Roberto Cavalli (marchio che appartiene attualmente ad un fondo di investimento) ha fondato a Milano nei primi anni Duemila il celebre Just Cavalli, che si è poi espanso anche in Versilia e a Porto Cervo, oltre che a Dubai con il Cavalli Club Restaurant e Lounge. Lo storico marchio di cappelli Borsalino, simbolo di eleganza estiva e artigianalità made in Italy, ha invece inaugurato lo scorso anno a Marina di Pietrasanta il Panama Restaurant Beach Versilia by Borsalino, indirizzo décontracté che offre raffinati piatti di pesce con vista mare.
E se a Roma Palazzo Fendi ospita il famoso ristorante giapponese Zuma (ma non partecipa alla gestione), Boss ha sperimentato nei mesi scorsi nella capitale un progetto pop up con il primo Boss Caffè al mondo, in piazza San Lorenzo in Lucina, poco distante dallo store. Il locale era customizzato con i colori del brand tedesco (nero, bianco e cammello) ed offriva una ristorazione ispirata alla cucina romanesca.
Anche Oltralpe, come detto, l’abbinata fashion & food si conferma un cavallo vincente su cui puntare: nel mondo dell’alta ristorazione non poteva mancare la firma di Chanel, storica maison francese, da anni a Tokyo nel quartiere ultra-lusso di Ginza, con il ristorante Beige guidato dallo chef Alain Ducasse.
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