La prima versione in bottiglia è del 1989; prima era vendita di sfuso su mercati allora ben diversi. Con la reputazione crescente sono venute novità e acquisti: di vigna, ma anche di bestiame. Perché l’azienda, familiare, era a tutto tondo contadina. Con quella vena però tipica piemontese di visione artigiana del lavoro che ne è la forza. Oggi, 40 ettari a quota 320-380 e sede di vinificazione nel bric San Siro sono il plafond. E se la terza generazione aveva affiancato al Moscato, “rock star” bianca di Canelli, l’altra big di qui, la Barbera, la quarta, con Silvia e Giovanni, ha gestito lo sbarco degli internazionali Chardonnay, Cabernet e Pinot tra i territoriali Dolcetto, Cortese, Grignolino, Brachetto. Lo stile dei vini è semplice, performante, amorevole. E l’etichetta di questo, poi, narra in forma poetica, ma insieme realistica, quel che accade nei tre ettari (a varie esposizioni) delle vigne storiche di proprietà in vendemmia: il volo leggero di farfalle, quasi ad anticipare la sensazione floreale e lieve, ma intensissima nel “colore” aromatico venato di ricordi di vaniglia, salvia e melone bianco, del vino che verrà. Cremoso, delicato, il dolce nucleo di questo Asti è bilanciato in bocca da un’acidità misurata che vira su note più fresche (con le farfalle, la rugiada). Sorso delizioso in assoluto, in zona – il segreto di chi lo fa – è abbinato da dio a fette di pesca matura.
(Antonio Paolini)
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