Questa è la quarta annata in commercio della Garofanata in purezza. Vitigno marchigiano fino alla linfa e senza genitori, è presente sul territorio fin dal 1870. Tanto caparbio da resistere all’oblio e aguzzo nella sua espressività gustolfattiva, si è meritato il nome di “Chiodo” da parte di Simone Capecci - oltre che prendere in prestito parte del “chiodo” di garofano, che ricorda il nome del vitigno. Nel 2010 arriva l’analisi ampelografica e inizia quindi la sperimentazione in collaborazione con l’AMAP - Agenzia Marchigiana per l’Agricoltura e la Pesca. Simone Capecci ne coltiva 1, 5 ettari in 2 appezzamenti esposti ad est, ma qua e là ci sono altri filari, giusto per capire come si comporta la pianta. Oggi, altre 7 o 8 cantine la coltivano: essendo abbastanza rustica e resistente alla siccità, con acini tendenzialmente spargoli e di tardiva maturazione, sviluppando alti livelli di acidità e meno di zucchero, una certa aromaticità negli acini e in seguito un sapore particolare nel bicchiere, risulta interessante e ci sono buone probabilità che si diffonda ulteriormente. Il Chiodo 2023, dopo mezza giornata di macerazione sulle bucce e 12 mesi in cemento sulle fecce fini, è un vino dorato, ampio e intenso: mentolato al naso, con cenni di pietra focaia, agrumi canditi e marmellata di sambuco, si diffonde sapido e saporito, non eccessivamente morbido, chiudendo su note dolci floreali e freschi lampi citrini.
(ns)
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