La Tenuta Sant’Antonio, 100 ettari a vigneto per una produzione complessiva di 700.000 bottiglie, nasce alla metà degli anni Novanta grazie all’impegno dei fratelli Castagnedi. Oggi, le dimensioni ne fanno una realtà medio-grande nel vasto panorama della Valpolicella (l’azienda produce anche Soave), ma il focus sulla qualità non è mai venuto meno, con il cuore pulsante aziendale sempre nella collina di San Briccio, da cui tutto è partito. La gestione in vigna e cantina è sempre più attenta alla sostenibilità e, benché le etichette seguano l’esigenza di essere saldamente “market oriented”, i vini, oltre che di esecuzione ineccepibile, non mancano di carattere e buona aderenza al loro territorio d’origine. Una prerogativa di più chiara leggibilità, evidentemente, rintracciabile nella produzione a denominazione, con l’Amarone, sul fronte rossista, a recitare il ruolo di protagonista assoluto. E l’Amarone della Valpolicella Campo dei Gigli 2016, oggetto del nostro assaggio, ne è una buona evidenza. Proveniente dal vigneto più antico della tenuta e invecchiato per 36 mesi in tonneau, svela un profilo aromatico fortemente terziarizzato: terra, goudron, note affumicate, in seconda battuta rivelano la dolcezza della ciliegia, del lampone e della violetta; il sorso è ampio ed intenso, aderente al quadro olfattivo, dal carattere speziato e balsamico, quasi chinato, dal tannino deciso e dal finale lunghissimo.
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