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TORINO NON SI LASCIA SFUGGIRE IL “SALONE DEL GUSTO” ED OSPITERA’ ANCHE L’EDIZIONE 2012 (25-29 OTTOBRE). L’EVENTO PRINCIPE DI SLOW FOOD HA UNA RICADUTA ECONOMICA SUL CAPOLUOGO PIEMONTESE DI 65 MILIONI DI EURO, E IL SOLO BRAND NE VALE 2,35

Italia
Roberto Burdese

L’edizione 2010 del “Salone del Gusto” di Torino, si era chiusa con un senso di incertezza sul futuro, dettato dalla crisi e dai tagli della Regione Piemonte, che aveva fatto ipotizzare addirittura uno spostamento a Milano dell’evento principe di Slow Food. Il Salone, invece, rimarrà a Torino, città che lo ospita dal 2002, anno della prima edizione, e che dal Salone ha una ricaduta economica quantificabile in 65 milioni di euro, come dimostra una ricerca di Icm Research e Ip Finance Istitute per la Camera di Commercio di Torino: nell’edizione 2010 sono stati spesi 8,7 milioni per l’organizzazione logistica, di cui circa il 90% viene sul territorio piemontese, 30 milioni invece è quanto spende, in città e nella Regione, il pubblico in visita all’evento (200.000 persone nell’edizione 2010), mentre ammonta a più di 25 milioni, certificati da una società terza, il valore di reputazione e notorietà dati dalle rassegne stampa, audio e video (al netto della presenza sui giornali stranieri, sul web e sui media a livello locale). Senza contare che “Salone del Gusto” è un brand (di proprietà non solo di Slow Food, ma anche di Regione e Comune, con 1/3 a testa) che di per sé vale ben 2,35 milioni di euro, cifra destinata a crescere, se si considera che nell’arco degli anni il Salone del Gusto ha visto crescere in maniera esponenziale sia il numero degli espositori (passati dal 2002 al 2010 da 500 a 912), sia il numero dei visitatori (furono 138.000 nel 2002, e ben 200.000 nel 2010).
Ma l’edizione 2012 (di scena dal 25 al 29 ottobre), oltre alla conferma della storica location torinese del Lingotto, porta una novità importante, come spiega il presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese, intervistato da WineNews: “anche Terra Madre apre completamente al pubblico, cambiando anche la propria struttura, e quindi diventando meno evento caratterizzato da cicli di conferenze e più a carattere espositivo. L’altro elemento è una presenza più forte del solito della rete di Slow Food all’interno del Salone stesso, a fare da “guida” alla visita della manifestazione: saremo presenti con tanti Slow Food nazionali e regionali, che esporranno le idee ed i progetti delle comunità del cibo nel mondo”. Slow Food quindi che non lascia Torino ed anzi raddoppia, perché “con la ricerca che abbiamo commissionato - spiega ancora Burdese - anche i nostri due partner, il Comune di Torino e la Regione Piemonte, si sono resi conto di quanto gli sforzi economici delle Istituzioni siano ben ripagati in termini di ricaduta economica sul territorio”. Soddisfatto anche il sindaco, Piero Fassino, che ha ricordato come Slow Food, e quindi il Salone del Gusto, rappresentino per la città il simbolo di una rinascita: “ricordiamo tutti come Torino sia stata per anni l’incarnazione di un modello di “one factory town”, una città la cui identità era centrata intorno al ruolo manifatturiero. Sappiamo come tra gli anni ‘80 e ‘90 quel modello sia entrato in crisi e si sia dovuto fare i conti con il termine declino. Poi c’è stato il rinnovamento, Torino è diventata una città plurale: industriale, finanziaria, universitaria, culturale e turistica. Salone del Gusto, Terra Madre e Slow Food rappresentano un patrimonio eccezionale e sono state una delle leve di questo cambiamento, fatto confermato non solo dalla percezione ma anche dalle cifre presentate oggi”.

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