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Un Asti Docg “secco”, da affiancare al tradizionale dolce, per andare incontro al mercato, aumentare la capacità espressiva del Moscato nel territorio e ridare reddito ai viticoltori: parla il direttore del Consorzio dell’Asti Docg Giorgio Bosticco

Asti Docg è sinonimo di spumante dolce per eccellenza. Eppure, uno dei territori più celebri e famosi del vino italiano nel mondo deve fare i conti le difficoltà degli ultimi tempi (-25 milioni di bottiglie stimate negli ultimi 4 anni), dovute a situazioni contingenti in alcuni mercati, ma anche ad un cambiamento dei gusti dei consumatori del mondo, che vanno verso prodotti meno dolci. E così, dalle colline che custodiscono le cattedrali di Canelli Patrimonio Unesco, sta per nascere una versione con meno zucchero dell’Asti, che con ogni probabilità si chiamerà “Asti Secco”, come anticipa su “La Stampa” il giornalista Roberto Fiori, e dovrebbe debuttare dalla vendemmia 2017.
“Ma al di là del nome, che stiamo studiando con un’agenzia per differenziare ed identificare il prodotto - commenta a WineNews il direttore del Consorzio per la Tutela dell’Asti Giorgio Bosticco - l’importante sarà capire come spiegare bene ai consumatori una nuova tipologia di prodotto che ricadrà sempre sotto la denominazione Asti, e dovrà essere diverso pur esprimendo le caratteristiche aromatiche proprie del Moscato nel nostro territorio, e sempre all’insegna della qualità”.
Beninteso, non è che l’Asti Docg o lo stesso Moscato d’Asti Docg nella loro storica versione “dolce” saranno sostituiti da questa nuova tipologia di Asti. “Quella che abbiamo in mente, e che abbiamo già sperimentato in cantina per dare prodotti 100% moscato secchi di qualità adeguata - spiega Bosticco - è una estensioni delle capacità espressive del nostro territorio”. Che, in qualche, chiede il mercato, dice il direttore.

“C’è la necessità di fare una lettura critica sulla situazione della denominazione: è induscutibile che le vendite siano calati soprattutto per via dell’embargo Russo, del cambiamento dei gusti in Germania che è sempre stato il primo mercato di consumo per l’Asti Docg, e che come altri ha virato su prodotti più secchi, e anche per le performance negative in Italia, queste legate anche alla crescita del Prosecco. Quindi innovare la nostra offerta e differenziare diventa fondamentale, anche per restituire la redditività perduta ai viticoltori.
Stiamo lavorando per definire bene le caratteristiche del nuovo prodotto per fissarle nel disciplinare con tutti i passaggi formali necessari, e in questo rientra anche la possibilità di scrivere “secco” in dimensioni e carattere tipografico uguale alla scritta Asti in etichetta, proprio per dare anche a livello di impatto visivo di identificazione di un prodotto Asti diverso da quello tradizionale. Dovremmo investire risorse in maniera graduale, anche autotassandoci, per spiegare la differenza rispetto all’Asti Docg dolce ai consumatori, creando un prodotto adatto ad altre occasioni di consumo, dall’aperitivo al tutto pasto. Questa versione secca è una è una “line extension” di quello che è l’Asti tradizionalmente di consumo, e quindi non si crea neanche una confusione a livello di occasioni per consumare l’uno o l’altro prodotto. È una modifica importante, che attraverserà le sue fasi per legge (consiglio del Consorzio, comitato vinicolo regionale, poi nazionale e così via), che va incontro ai cambiamenti dei gusti, e alla possibilità di valorizzare la nostra denominazione anche in altri modi rispetto alla tradizione. E non sarà neanche l’unica, magari: stiamo ragionando e studiando anche il Moscato d’Asti “tappo raso” secco, e forse si potrà ad arrivare ad un asti rosè. Le possibilità di innovazione devono consentirci di mantenere l’eccellenza, la qualità, l’origine, ma con delle offerte più ampie e più varie per il consumatore. Ma niente a che fare, comunque, con il mondo Prosecco: il nostro sarà un vino diverso, da un vitigno diverso e da un territorio diverso”.
Questo, ovviamente, per il territorio, per il Consorzio e per le cantine non vuol dire trascurare il rilancio dell’Asti Docg tradizionale, quello dolce: “rimango fermamente convinto che la leadership nel segmento dell’eccellenza delle bollicine dolci possa dare ancora all’Asti Docg grandi prospettive di crescita in tutto il mondo. Dagli Stati Uniti al sud est asiatico, contando sulla ripresa della Russia, e con un piano di rilancio anche livello nazionale”.
Intanto, comunica lo stesso Consorzio, è stato raggiunto un accordo di massima sulle rese e sui prezzi delle uve da presentare all’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte per la vendemmia 2016: sul fronte dei valori si parla di 107 euro a quintale per l’uva docg, di 156,87 euro a quintale per il mosto docg e di 54 euro a quintale per l’esubero di mosto eccedente la resa concordata, mentre su quello delle rese di 78 quintali ad ettaro (più 10 a riserva vendemmiale e 32 di esuberi) per l’Asti Docg, e di 95 quintali per ettaro (più 25 di esuberi) per il Moscato d’Asti Docg.

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