Ogni volta che mi dicono enologo, oppure enotecnico, mi ... Ogni volta che mi dicono enologo, oppure enotecnico, mi contrario. Primo perché non lo sono, secondo perché so: anche gli enologi e gli enotecnici ne sono contrariati. Oggi si conclude, in Milano, il 56 Congresso Nazionale della loro Associazione. Ieri due tra i loro prìncipi, Renzo Cotarella e Carlo Corino, hanno tenuto relazioni di lucida avanguardia sugli annosi problemi del rapporto legno/vino.
Ripeto: due prìncipi. Renzo Cotarella è l’autore, anno via anno, di vini quali il Cervaro della Sala, il Muffato, il Solaia e il Tignanello; Carlo Corino, oltre che del misterico Alessia (pinot nero più cabernet sauvignon), dello Chardonnnay e del Merlot Planeta. Li ho ascoltati - debbo dirlo - sorpreso. Anche emozionato, da che fui di gran lunga il primo fra i giornalisti, ad occuparmi - grazie al buon senso e a un’innata predisposizione - del magico rapporto ... Perché sappi, amico lettor mio, amica mia paritaria: io non sono né enologo, né enotecnico; sì, enoico e, forse ancor più, enoteico. Enoico me lo sono inventato io (pur nell’ossequio per un vero maestro, Gianni Brera, tento - di quando in quando - un neologismo). Enoteico, da enoteismo di cui dice il Battaglia: «Momento caratteristico (secondo Max Muller) dell’evoluzione del sentimento religioso nel quale la coscienza dell’individuo adora una divinità come unica e somma...». Lo sai, sono un blasfemo; adoro i vini.
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