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Il Sole 24 Ore

Il vino made in Italy - La concorrenza dei nuovi produttori
Ora la sfida si vince nel vigneto ... La corsa del vino made in Italy non si arresta. Dopo il positivo trend delle esportazioni 2004, cresciute del 5,4% in quantità e del 6,3% in valore, arrivano a conferma del buono stato di salute che il settore sta attraversando anche i dati dei primi due mesi del 2005, con un'ulteriore crescita 15,5 per cento. Ma sarebbe un grave errore cullarsi sugli allori e sottovalutare l'agguerrita concorrenza dei nuovi Paesi produttori. In altri termini, bisogna prepararsi alle sfide dei mercati internazionali rafforzando gli investimenti su ricerca e innovazione, in modo da poter offrire buona qualità a prezzi ragionevoli. In una parola, rafforzare la competitività del sistema.

E proprio la competitività è il tema centrale del 60 ? Congresso nazionale di Assoenologi ( l'Associazione degli enologi ed enotecnici italiani) che si inaugura oggi a Taormina. Messi da parte i problemi, anch'essi spinosi, della complessa legislazione e della politica vitivinicola Ue (giovedì scorso è arrivata da Bruxelles l'ennesima proroga per la sanatoria dei vigneti abusivi), tecnologia e commercializzazione saranno gli assi portanti delle tre sessioni su cui si articoleranno relazioni e dibattito.
Su questo fronte, Assoenologi propone di spostare l'attenzione dalla cantina al campo. Dopo 20 anni di ricerche e investimenti strutturali e tecnologici in cantina, ora bisogna puntare su una gestione più razionale del vigneto, in termini sia di innovazione meccanica sia di lavoro.

«A partire dagli anni Ottanta le cantine italiane - spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi - si sono profondamente trasformate e innovate, passando da semplici luoghi di ammasso e lavorazione delle uve a strutture più efficienti e tecnologiche, ricche di fascino e pronte ad accogliere i visitatori e turisti. Poco, invece, è stato fatto nel vigneto in termini di investimento e innovazione. Quindi, è proprio su questo campo che si giocherà la partita della competizione globale, diventando, per l'Italia, la carta da giocare nei prossimi anni per reggere l'impatto concorrenziale dei nuovi Paesi produttori extra Ue».

E la sfida tra i filari deve ripartire da un concetto forse antico, ma finora poco sviluppato: la meccanizzazione. Con un obiettivo ambizioso, come spiega il presidente di Assoenologi, Mario Consorte: «Con un'adeguata meccanizzazione è possibile dimezzare l'attuale manodopera di 400 ore annue per ettaro a 200. Un traguardo già raggiunto, e con buoni risultati, anche in altri Pesi produttori. L'evoluzione di questa tecnologia non influenzerà in nessun modo la qualità dei prodotti. Anzi, come dimostrano le esperienze di chi già ha imboccato questa strada, aumentando anche i livelli qualitativi».

In sintesi, il messaggio che Assoenologi si prepara a rilanciare con forza dall'appuntamento in Sicilia (una regione da molti indicata come laboratorio per il rilancio del settore) è riuscire a coniugare la tradizione con l'innovazione. «È inutile negarlo - conclude Consorte - la tradizione da sola non migliora la qualità, non vince la concorrenza, non soddisfa il consumatore».

Per chi non imbocca questa strada c'è il rischio concreto di uscire dal mercato, dove riusciranno a sopravvivere le poche aziende che riescono a realizzare un elevato valore aggiunto. (arretrato de "Il Sole 24 Ore" del 9 luglio 2005)

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