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Il Sole 24 Ore

Giochi pericolosi con la segatura ... Giorno dopo giorno il mistero dei trucioli viene chiarito dalle voci autorevoli di produttori, wine maker, enologi. In un primo tempo questo “trucco “ per costruire vini, invecchiati più rapidamente, in modo artificioso, rispetto ai tempi naturali (da cui “ spremute di Pinocchio “) sembrava un regalo dei burocrati di Bruxelles ai produttori del Nuovo Mondo. In realtà nel provvedimento c’è lo zampino italiano (Comitato gestione del vino, funzionari, organizzazioni di produttori) nonché la soddisfazione di una larga fetta di produttori nostrani, alcuni, al referendum ... votano sì, altri invece sodali, ma silenti interessati perché l’opinione pubblica ha reagito negativamente alla notizia di vini ottenuti con i pezzetti di legno.
Dunque il quadro è sempre più chiaro, in luogo della manna dal cielo, l’industria enologica made in Italy era in attesa della segatura (più elegantemente definita chips) per respingere la concorrenza dei nuovi maghi del Nuovo Mondo. Che ci sia crisi nel mercato del vino per il Vecchio Mondo (Italia e Francia) lo mostrano le ultimissime decisioni comunitarie sulla destinazione alla distillazione di milioni di ettolitri. E qui sorge un dubbio: sono i vini di Australia, Cile, Argentina, California ad aver creato un rigetto verso i rossi e i bianchi francesi e italiani, oppure negli anni della vacche grasse (dal 1995-2002) i produttori italiani hanno esagerato con i prezzi, nonché con la proliferazione di nuove aziende? Comunque sia la risposta, la crisi dei consumi c’è stata, forse è ancora in atto soprattutto per la vecchia Europa dei vini. Perché questa "recessione alcolica" non ha toccato i rossi e i bianchi del Nuovo Mondo ?.
La risposta più frequente individua nel differenziale dei prezzi la causa di questo svantaggio competitivo, da cui il ricorso “costretto“ , secondo i favorevoli all’uso dei trucioli perché, come è dimostrato, riduce i costi di produzione in maniera sensibile (una barrique costa intorno ai 700 euro, per sostituirla sono sufficienti, più o meno, segatura per 3 euro).
Sebbene questa sia una diagnosi molto superficiale che non tiene conto proprio della crescita di qualità dei concorrenti, nonché delle loro strategie marketing, del loro fare sistema, l’ok dell’ Europa all’utilizzo dei legni potrebbe funzionare come un equilibratore di mercato tra i due mondi. Così molti produttori italiani, come è successo in Francia, in attesa di regole di attuazione, hanno già cominciato a proporre una scappatoia per l’uso dei trucioli: l’autorizzazione solo per quei vini che non sono Doc e Docg , cioè a dire creare una Serie A e una Serie B.
Viene da chiedersi se i vini Igt, tra i quali si annoverano molti tra i più prestigiosi rossi e bianchi siano da retrocessione o da promozione. Una chiaro ed evidente “cavallo di Troia “, sala d’attesa per poter avere mano libera poi, piano, piano su tutte le tipologie di vino. Questa impostazione mostra un paradosso. Da anni si grida ai quattro venti che il vino made in Italy è sinonimo di qualità, addirittura c’è chi, in modo superficiale, sostiene che dal 1986, anno della tragedia al metanolo, la nostra produzione abbia fatto grandi passi in avanti nella produzione di eccellenza. Ora invece con questa apertura alle spremute di Pinocchio si mostra quanto sia tuttora importante il vino cosiddetto “comune“ per reggere la concorrenza.
Il vero pericolo forse non è neppure questo, ma con il sì ai trucioli si apre la breccia alla naturalità (più o meno rigorosa) di fronte alle nuove pratiche enologiche non ammesse nell’ Ue e usate in Australia e altri paesi del Nuovo mondo, di cui la rivista L’Enologo (aprile 2006) ne conta ben 30 che vanno da interventi sul mosto, a quelli sul vino, tra cui i trucioli ma pure il sughero granulare e i concentrati volatili floreali e fruttati. Una volta calate le brache, fra qualche tempo, quando i successi dei vini extra Ue continueranno, ad uno, ad uno potrebbero cadere tutti i picchetti sui quali si basa il vino di qualità. Lo scenario sarà dunque che il Vecchio Mondo si sta adeguando alle regole imposte dal Nuovo Mondo, e non viceversa.
Una Caporetto! Solo loro infatti i depositari della Scienza che non ha bisogno di vitigni autoctoni per imporre il gusto attraverso i numeri e il marketing. L’ Europa ha il terroir e la tradizione ma non producono sapori e profumi “innaturali “. Al peggio non c’è mai fine; mi rifiuto di pensare sia vero che un macchinario, grazie ad una scarica elettrica, possa in pochi istanti trasformare una bottiglia di vino Novello in un perfetto vino invecchiato. La notizia comunque giunge dal Giappone, dove addirittura in molti si contendono il brevetto. (arretrato de Il Sole 24 Ore 6 luglio 2006)
Autore: Davide Paolini

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