Vini dolci ... Alla fine... anzi all' inizio. Tempo di Carnevale Tradizionalmente gustati con i dessert, i 'bicchierini' di moscati, passiti e muffati vivono la stagione dei nuovi e a volte originalissimi abbinamenti con i cibi salati. Un' esperienza da provare, facendo una ghiotta altalena tra i paté e le castagnole... Arriva Carnevale: meravigliosi vassoi di dolci ci seducono dalle vetrine delle pasticcerie, lievitano nei menù dei ristoranti, irrompono nei nostri desideri di golosi repressi. Elenco da acquolina in bocca per grandi e piccini: castagnole, tortelli, bignè di San Giuseppe (in anticipo), chiacchiere, struffoli, frittelle. Solo a nominarli, il palato sogna... In questi giorni, si va a cena da amici rigorosamente con cabaret infiocchettato appresso.
I padroni di casa ringraziano felici, e si interrogano: con che vino li serviamo? Risposta facile facile: con un vino dolce. Che è uno e centomila, come i personaggi di Pirandello. Non esiste famiglia enologica dalle variabili più incredibili: si va dai 5 gradi del Moscato ai 20 dei vini mutizzati (fermentazione bloccata dall' aggiunta di alcol per preservare gli zuccheri residui), fermi e frizzanti, lievi e sontuosi, da uve bianche, gialle, rosa, rosse. Così diversi e così originali, figli del territorio e parenti stretti della cucina locale, come se non si potesse inventare un biscotto con la frutta secca senza un bicchiere di Vin Santo in cui intingerlo. Esiste anche una dimensione trasversale dell' abbinamento: con frappe (chiacchiere, bugie, galani, a seconda delle regioni) o mousse al cioccolato, in Piemonte l' unione classica è rispettivamente con Moscato d' Asti, Asti Spumante (dolce) e Barolo Chinato, in Veneto Recioto e Verduzzo di Ramandolo, in Sicilia Marsala e Moscato Passito, sulla riviera adriatica il goloso vino di visciole, in Umbria il rustico Sagrantino Passito.
Ma c' è di più. Perché negli anni, la complessità dei vini dolci strutturati ha conquistato piccoli spazi importanti in aree del menù proibite. A cominciare dagli antipasti untosi e speziati - patè, terrine, foie gras - fino alle pietanze a base di selvaggina e salse liquorose, per approdare al carrello dei formaggi, dove l' abbinamento trascende in rituale. Non c' è tipologia di latte o di lavorazione a segnare la strada, ma solo gusto e palato. Mucca, capra e pecora, erborinati, stagionati, a crosta lavata o muffata: far andare d' accordo latticini e vini dolci può essere un esercizio godurioso. Chi prova a miscelare in bocca un cubetto di gorgonzola stagionato o di Stilton (robusto erborinato inglese di pecora) con un sorso di Marsala invecchiato, difficilmente dimentica la sensuale esplosione aromatica che coinvolge naso e palato. Per evitare inciampi, prendete nota delle indicazioni di Enrico Bernardo, campione del mondo dei sommelier: «L' acidità si accorda con il grasso, i tannini con l' untuosità, l' alcol con il croccante. E ancora, gli zuccheri residui armonizzano con il dolce, rotondità e morbidezza con l' amaro, il salato e l' acido». Basta mettere il naso fuori d' Italia per scoprire anche i grandi, grandissimi vini dolci che impreziosiscono le enoteche del mondo. Così, il cioccolato fondente ama indiscriminatamente i vins doux naturels francesi (Rivesaltes, Maury, Banyuls, Muscats de Mireval), i liquorosi Porto e Madeira, e il mitico sherry spagnolo Pedro Jimenez (dal nome dell' uva) che il produttore Lustao fa invecchiare quarant' anni in botte.
Se dal cioccolato passiamo alle creme (e all' untuosità, come nel caso dei paté), a trionfare sono i passiti, con in testa Re Sauternes e il Tokaji ungherese, seguiti dal meno sfacciato Monbazillac e dai rigorosi Ice Wines, figli del freddo. Se avete ancora qualche chiacchiera sul vassoio, non indugiate e stappate una bottiglia di Cuvée Royale Demi-sec di Joseph Perrier: «Al naso è evidente il profumo di iris e fico, con note zuccherate di vaniglia e torrone. In bocca si apprezza la confettura di albicocca, cui seguono note di miele d' acacia ed anice». E poi dicono che sono solo vini dolci.
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