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La Repubblica

Noi, pionieri Slow Food e quei libro bussola ... Io non posso che tornare con la mente ai tempi in cui essere gastronomo significava soprattutto essere autodidatta. Si avevano a disposizione pochi libri o guide, era una scoperta continua di un mondo e di una disciplina che oggi si è molto evoluta e va continuamente autodefinendosi. Anche soltanto una ventina d’anni fa essere gastronomi non era facile, tutta la grande moda e l’attenzione che oggi i media riservano al tema non esisteva, e il confine con il puro folclore era sempre molto labile. Pochi grandi, mitici, personaggi insegnavano, divulgavano con maestria le loro storie, i loro consigli, i racconti dei prodotti tradizionali e del vino. Noi giovani appassionati ci facevamo affascinare dai loro scritti che parlavano di storia popolare, di vita contadina, di piacere semplici e profondi.
Era la riscoperta, la prima vera codificazione della nostra cultura materiale in un momento in cui essa cominciava ad andare in crisi: la modernità tendeva a omologare e quindi a cancellare le diversità, la ricchezza dei nostri patrimoni regionali correva il rischio di sparire in nome di qualcosa di più freddo, senz’anima, cultura, gusto.
La Grande enciclopedia illustrata della gastronomia di Guarnaschelli Gotti era un compendio indispensabile per gli addetti ai lavori e per i semplici appassionati: la rara copia che abbiamo nella sede di Slow Food Editore sta ancora là, in bella mostra nella nostra biblioteca, tutta consunta da anni e anni di consultazioni, dopo aver accompagnato in redazione la nascita di tutte le nostre pubblicazioni. Riandando nuovamente a quegli anni “ruggenti” della pubblicistica gastronomica, ci si accorge di quanto il concetto stesso di gastronomia sia cambiato in questi anni.
Da un lato molto si è fatto per la salvaguardia dei prodotti e delle tradizioni che rischiavano di scomparire. [...] D’altro lato però è pure vero che questa coscienza non è ancora così lucidamente diffusa, nonostante la gastronomia abbia ottenuto sempre maggiore spazio sui media. Perché proprio sui media spesso il tema gastronomico è affrontato con grande superficialità, limitandosi agli aspetti culinari, alla semplice ricettistica per intenderci. Questo non fa giustizia alla gastronomia, che ritengo sia una vera e propria scienza, riguardante, come già sosteneva Jean-Anthelme Brillat-Savarin nella sua Fisiologia del Gusto, “tutto ciò che è inerente all’uomo in quanto egli si nutre”.
Una definizione giustamente così ampia ci fa immediatamente capire come le implicazioni della gastronomia possano essere culturali, sociali, economiche, storiche, agricole, scientifiche, mediche, antropologiche. Io mi spingerei anche oltre, legando lo studio gastronomico anche a tutto quanto è espressione di cultura popolare e materiale: musica, architettura, oralità, i famosi “usi e costumi”. Ritengo la gastronomia una vera e propria scienza, una disciplina complessa e a sé stante. [...]

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