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Corriere Della Sera / Sette

Da Vienna a Lignano in bici, tra fiumi e sterrati: nascono le piste low cost ... Carrarecce, interpoderali e altre vie di campagna. Dimenticate dal traffico e rispolverate per il piacere di chi preferisce viaggiare su due ruote. Nasce in Friuli Venezia Giulia la prima rete di “riciclabili” a basso costo. Per andare incontro a un turismo sempre più alla moda... In un mondo perfetto la pista ciclabile non finisce dietro la curva, come nei cartoni di Willy il Coyote e Beep beep. In un mondo perfetto la pista ciclabile ha l’asfalto rosso, i semafori dedicati, e pure la linea bianca che separa le corsie. Il problema è che nella cartina del mondo perfetto l’Italia non c’è. E allora non resta che lasciar perdere i sogni, succhiare la ruota dell’Ikea e della Ryanair, e infilarsi nel gruppone del low cost. Come ha fatto in Friuli Venezia Giulia l’architetto Edo Piantadosi, progettista insieme a Legambiente della prima pista che al ciclo unisce il riciclo. Nel suo genere è una piccola rivoluzione: il tracciato non viene costruito ex novo ma utilizza quelle strade locali, in gran parte agricole e a traffico quasi zero, che ci sono già e hanno bisogno solo di una sistematina. Il vantaggio è facile da intuire: una ciclabile nuova di zecca costa intorno ai 150 mila euro al chilometro, per una “riciclabile” i costi si riducono a un terzo. Low cost, appunto, e non è un dettaglio, specie in tempo di crisi. Ci sono voluti tre anni di lavoro e ricognizioni in bicicletta, prima di completare il percorso sulla carta. Tra una sterrata, una carrareccia e una interpoderale, l’architetto è riuscito a collegare la ciclabile che scende dal confine di Tarvisio fino al mare di Lignano Sabbiadoro. Manca solo un ponte da costruire sul fiume Ledra. Per il resto sono 84 chilometri che uniscono l’Adriatico all’Austria, dove le ciclabili sì che sono da mondo perfetto. E permettono di arrivare a Vienna e a Passau, seguendo uno degli itinerari più amati dai cicloturisti europei, e ancora più in su verso la Danimarca, oppure deviando a est in direzione di Budapest. Neanche fosse l’inter rail. Il progettista dice che per realizzare l’impresa ha ascoltato la natura. “Spesso chi pensa un nuovo tracciato disegna un percorso artificiale, magari solo per arrivare a un punto panoramico. Questo vuol dire sfidare il territorio”. Lui, invece, guardando e riguardando la cartina, pedalando e ripedalando nel fine settimana, si è arreso volentieri all’idea più semplice: “Ho seguito il corso del Tagliamento che dopo Gemona del Friuli tira giù quasi dritto fino a Lignano”. Un vantaggio perché questa era terra di confine ed è rimasta libera da costruzioni e barriere. E uno spettacolo perché il Tagliamento è uno degli ultimi fiumi alpini naturali, senza quegli argini di cemento che hanno sfigurato gran parte dei nostri corsi d’acqua. L’intero tracciato è pensato per attirare i cicloturisti di tutta Europa con un itinerario che al piacere della pedalata unisce la bellezza del territorio e anche la passione per la buona tavola. Siamo vicini alle Alpi Giulie, nella zona pregiata dei vini bianchi friulani, si attraversa San Daniele del Friuli, adagiata sulle fette dell’omonimo prosciutto. A Codroipo si passa davanti a Villa Manin, pezzo pregiato dell’epoca palladiana per poi correre sotto il castello di Susans, e quello di Colloredo di Monte Albano, dove visse e scrisse le sue opere Ippolito Nievo. Natura, cultura, cucina: il classico tris di quel turismo slow che cresce a un ritmo del 10% annuo, mentre l’intero settore se la passa molto peggio.

Un modello per tutta l’Italia. Anche per questo Legambiente propone la “riciclabile” friulana come modello da esportare in tutto il Paese, con l’obiettivo di far andare d’accordo sviluppo economico e conservazione del territorio. Un’illusione? “Fino a quattro o cinque anni fa” dice Sebastiano Venneri, vice presidente dell’associazione “si pensava che per fare una vacanza in bicicletta dovevi essere giovane, atletico, un po’ sfigato e squattrinato. Adesso le cose sono cambiate”. Ci sono tour operator che pensano a tutto, compreso il trasporto delle bici in aereo o il servizio di navetta lungo il percorso per farti trovare direttamente i bagagli in albergo. Ed è cresciuto un indotto a due ruote che va dai ristoranti con menu energetici ai distributori automatici di camere d’aria. Oggi a pedalare per le strade d’Europa non sono più solo ragazzi alla ricerca dell’estremo ma signori di mezza età, anziani gagliardi, donne, bambini, tutti alla ricerca di uno spostamento tranquillo, lontano dal traffico e in un paesaggio piacevole. Un tesoro che finora l’Italia non riesce a intercettare proprio per la mancanza di itinerari attrezzati. La low cost friulana può diventare l’apripista, e dal 20 al 22 maggio sarà attraversata da un fiume dimostrativo di ambientalisti per la manifestazione Bicicliamo. Riciclare invece di costruire, quindi. “È lo stesso discorso” dice ancora il vice presidente di Legambiente “che vale per i trasporti urbani”. Sarebbe bellissimo avere nelle nostre città una rete di metropolitane come a Londra o Madrid ma abbiamo perso troppo tempo e gli investimenti sono altissimi. Forse è meglio puntare su una rete leggera di superficie che utilizzi i binari disponibili e magari abbandonati. Lo stesso realismo adesso Legambiente lo riserva alle ciclabili, altro settore in cui il ritardo italiano è enorme, quasi da tappone di montagna: Vienna e Berlino, solo per fare un esempio, hanno più chilometri di tutte le città italiane messe insieme. Un approccio pragmatico che potrebbe trasformarsi in proposta di legge. Ci sta lavorando il deputato leghista Guido Dussin, friulano pure lui, che ne fa anche una questione di sicurezza: “Oggi la bici su strada si vede nei grandi raduni di amatori. Riservare alle due ruote alcuni tracciati esistenti, sistemandoli un po’, favorirebbe l’attività anche al di fuori degli eventi organizzati. Evitando i pericoli che oggi si corrono mescolandosi al traffico di macchine e camion”. E vuoi mettere una Lignano-Vienna (550 chilometri), senza sentire il rumore nemmeno di una Vespa?

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