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Che fare se salta l’Euro ... Per la moneta unica, quella che sta per iniziare è la settimana della verità. Lunedì 5 dicembre il Consiglio dei ministri varerà la nuova manovra da circa 20 miliardi
di euro per assicurare all’Italia il pareggio di bilancio nel 2013 e allentare la pressione sui tassi dei titoli di stato, il successivo 8 dicembre si riunisce il board della Bce con all’ordine del giorno un praticamente certo nuovo taglio del tasso di riferimento, infine l’8 e il 9 dicembre si riunisce a Bruxelles il Consiglio europeo per definire la modifica dei trattati. Una settimana di fuoco che sancirà se l’euro sarà o meno una moneta di riserva internazionale nel ventunesimo secolo, perché, se le diverse curve dei tassi a scadenza non saranno ricondotte a livelli di sostenibilità per i bilanci dei diversi stati membri, allora la dissoluzione dell’euro, già analizzata tra i risultati ritenuti possibili dalla Bank of England, si farà realtà. Del resto, l’euro è la prima moneta chiamata a convivere con una moltitudine di curve di tassi di interesse a scadenza. Praticamente una per ogni paese membro o quasi. Fino a quando i differenziali, cioè gli spread, tra i vari tassi nazionali erano contenuti in un intorno ragionevole, l’essere una moneta sintetica, quindi artificiosa, non appariva in tutta la sua criticità. Poi è scoppiata la crisi da sostenibilità dei debiti pubblici europei e i differenziali si sono allargati. Sono diventati talmente ampi da rendere davvero eccezionale nella storia del capitalismo la situazione prodotta dall’euro: una moneta unica che esprime tante curve di rendimento sui titoli emessi in quella stessa valuta dai vari emittenti. Si passa dal 2,2% dei Bund decennali tedeschi al 3,7 degli Oat francesi, all’oltre 7% dei Btp italiani. Nel mezzo ci sono i diversi rendimenti delle obbligazioni statali olandesi, austriache, belghe e spagnole, tanto da aprire possibilità di arbitraggio continuo e da rendere complessa l’azione della Bce, la banca centrale dell’euro. Senza dimenticare che i bond di Grecia e Portogallo da mesi ormai hanno rendimenti a doppia cifra ed hanno un rating da titoli spazzatura. In questa situazione, quale tasso a scadenza deve prendere a riferimento la stessa Bce per stabilire le linee di azione della sua politica monetaria? Davvero difficile da dire. Cosa fare, dunque, visto che la tempesta investe in pieno proprio i paesi dell’euro produttori di vino, Francia inclusa? Tutti coloro che pensano che il caos spread anticipi una monetizzazione parziale dei debiti pubblici dei paesi produttori, quindi che
danno per scontato un intervento deciso e quantitativamente significativo da parte della Bce sul modello Fed, allora investire nel vino può essere una scelta corretta per coprirsi dal rischio inflazione attesa che, inevitabilmente, sul finire del 2013 e nel 2014 si manifesterà. Per chi pensa che a rischio sia la tenuta stessa dell’euro, allora è opportuno valutare l’opzione vendita immediata delle bottiglie dei Crus più nobili di Francia, quelli di Bordeaux prima di tutti, così da poterli monetizzare al meglio in euro e investendo il ricavato in dollari australiani o anche americani. Con quanto guadagnato, poi, gli stessi investitori potranno ricomprarli a sconto tra qualche mese in nuovi franchi francesi, guadagnando una plusvalenza di tutto rispetto. Lo stesso ragionamento vale anche per i Crus italiani più quotati: venderli oggi in euro per ricomprarli nel 2012 in nuove lire può essere una strategia finanziaria dalla profittabilità reale a doppia cifra abbondante. Sempre che la crisi dell’euro si trasformi in una autentica tragedia finanziaria e la casa europea si sciolga come neve al sole.

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