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Luoghi dell'Infinito

La Montina: Franciacorta tra papa e arte … C’è un angolo di mondo dove cuore non si scrive con la c, la Francia non è la Francia e lo Champagne non è Champagne. È un mondo bellissimo e antico di abbazie, chiese e castelli tra colline, boschi e vigneti. Qui la storia intreccia monachesimo e bonifica. Per l’attività infaticabile e meritoria dei benedettini, intorno al 1100 queste terre ottennero l’esenzione dal pagamento delle tasse: da qui Francae Curtes. La prima testimonianza scritta risale al 1277: gli Statuta Communis Civitatis Brixiae definiscono Francacurta l’area tra i comuni di Urago, Rodengo, Ronco e Gussago. Oggi è la zona di produzione dello spumante italiano che può competere con i migliori Champagne francesi. Le viti qui hanno da sempre avuto casa. Galli e Romani hanno piantato vigneti, come testimoniano Plinio e Virgilio. “La Franciacorta - dice Michele Bozza, presidente de La Montina - vanta un microclima straordinario, grazie al lago d’Iseo e all’arco prealpino, e presenta una conformazione morfologica unica. Novantamila anni fa era zona glaciale. Poi, con il ritiro dei ghiacciai, il buon Dio ci ha regalato sei unità vocazionali incastonate in un anfiteatro morenico: sei aree, ognuna con caratteristiche diverse, per duemila ettari di vigneti. La corretta maturazione delle uve mantiene le belle acidità dei nostri vini. Il Franciacorta è il primo spumante italiano a metodo classico a fregiarsi della qualifica di Denominazione di origine controllata e garantita (Docg), dal 1995, e vanta il disciplinare più restrittivo al mondo”. Si fa risalire il Franciacorta alla metà del secolo scorso, grazie all’incontro tra Guido Berlucchi e l’enologo Franco Ziliani. È un’avventura a cui partecipano i tre fratelli Bozza: gli zii e il papà di Michele. Ma in realtà la storia del Franciacorta è più antica dello Champagne. Il medico bresciano Girolamo Conforti pubblica nel 1570 il Libellus de vino mordaci, in cui racconta il “vino spumeggiante”, la tecnica di fermentazione naturale in bottiglia e i benefici che si ottengono con quello che poi diventerà il “metodo classico”: un vino strutturato, che dura nel tempo, la cui acidità “non secca il palato come i vini acerbi e austeri” e non rende “la lingua molle come i vini dolci”. Conforti precede di un secolo le intuizioni di dom Pietre Pérignon - monaco benedettino del monastero di Hautvillers nella Champagne -, considerato il “padre” del più famoso tra i vini francesi. Ma torniamo in Franciacorta, a Monticelli Brusati (Brescia), dove la famiglia Bozza è radicata da generazioni. La Montina ha una storia plurisecolare: la villa padronale risale al 1620 ed è voluta da Benedetto Montini, avo di Giovanni Battista, poi papa Paolo VI. Da qui il nome della tenuta. Gian Carlo, Vittorio e Alberto Bozza acquisiscono il casale e 12 ettari tra boschi e vigne nel 1982. Vengono piantati nuovi vigneti. Si realizza una cantina scavata nel colle, accanto alla villa, con le gallerie di affinamento, la sala di vinificazione, la barricaia. Descursione termica è tra i 13 e i 16 gradi. Nel 1987 la prima vendemmia. La produzione media annua, da un’ottantina di ettari di vigneti, è di quattrocentomila bottiglie, delle quali viene apprezzata anche la cura per il design. La residenza seicentesca restaurata haora il nome della contrada in cui sorge, Baiana: ogni anno accoglie migliaia di ospiti e centinaia di eventi. Qui è la Fondazione dell'artista Remo Bianco (1922- 1988) e la galleria d'arte a lui dedicata. Infine, la “questione del cuore”. Racconta Michele Bozza: “Quor è il nome del nostro Riserva e nasce da una lettera che nonno Fiore, vignaiolo, invia nel 1947 alla consorte: “Cara Gina, te e i nostri figli siete sempre nel mio Quor””. In media è prodotto in tremila bottiglie, solo nelle stagioni in cui la qualità delle uve eccelle. Frutto delle prime spremiture dei vigneti più vecchi è al 55 per cento Chardonnay e al 45 per cento Pinot Nero. Un vino iconico, antico e nuovo insieme, dal profumo intenso come l’amore di chi lo produce e dei nonni che l’hanno ispirato.

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