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La Repubblica

Nel regno delle bollicine made in Italy ... Il vino o il luogo geografico: quale dei due viene evocato con più forza quando si parla di Franciacorta? Probabilmente il primo, perché il nome di questo territorio di dimore nobiliari e antiche abbazie tra Brescia e il Lago d’Iseo (il toponimo Franzacurta compare per la prima volta nel 1277 in un’ordinanza degli Statuta Civitatis Brixiae) è oggi divenuto sinonimo di bollicine italiane di qualità prodotte con metodo classico, cioè con la rifermentazione in bottiglia. Su queste colline moreniche la coltura della vite era ideale già ai tempi dei romani - come raccontano Plinio e Virgilio - ma l’identità vitivinicola che conosciamo oggi esiste grazie alla visione pionieristica di personaggi come Guido Berlucchi e Franco Ziliani. I due, all’inizio degli anni Sessanta, diedero forma al sogno di produrre uno spumante alla maniera dei francesi. Nel 1967 arrivò la doc e nel 1995 anche la docg, a sancire definitivamente l’eccellenza di un’etichetta che ogni anno esce su 14 milioni di bottiglie (da 2.800 ettari vitati) suddivise tra 109 cantine, ognuna con una forte e distinta identità, sia quelle (poche) che si avvicinano o superano il milione di bottiglie, sia quelle con numeri meno altisonanti. Dove prenotare una degustazione guidata? Si può cominciare proprio da Berlucchi, Ca’ del Bosco (il patron Maurizio Zanella è presidente del Consorzio) e ancora Ferghettina, Muratori e Lantieri de Paratico, nobile famiglia bresciana presente in Franciacorta da più di mille anni. Il tour può proseguire con l’azienda di Giulio e Lucia Balzanò, il Mosnel, e poi con le due cantine del gruppo Terra Moretti di Vittorio Moretti. Bellavista è uno dei marchi simbolo della denominazione, Contadi Castaldi una sosta d’obbligo non solo per scoprire il Franciacorta Satèn Soul e la versione pas dosé, ma anche per visitare i settemila metri quadri della cantina ricavati dal restauro dell’antica Fornace Biasca. La viticoltura ha mantenuto integro e al riparo dall’industrializzazione selvaggia questo territorio di ventiduemila ettari, da percorrere preferibilmente in bicicletta per scoprire i tanti tesori artistici dei 19 comuni che ne fanno parte. L’itinerario può simbolicamente partire dai verdi declivi di Erbusco, sede del Consorzio, con una visita alla Piove di Santa Maria Maggiore e a Palazzo Lechi, dimora settecentesca dalle reminiscenze palladiane. Si procedo pedalando per attraversare la magnifica piazza Cavour di Rovato, si ammirano le merlettature del Castello di Passirano e si rifiata infine in uno dei tre chiostri rinascimentali dell’Abbazia di San Nicola a Rodengo-Saiano. Prima di raggiungere le sponde del lago d’Iseo, merita una visita il Monastero di San Pietro in Lamosa, sopra la Riserva delle Torbiere del Sebino, area naturale dalla ricca avifauna, composta di canneti e specchi d’acqua nati inseguito all’attività di estrazione della torba. Dal borgo di Iseo si salpa - se possibile a bordo del naèt, la tipica imbarcazione da pesca locale - per Monte Isola (o Montisola in dialetto), la più grande isola lacustre europea che divide il bacino tra le due province bresciane e bergamasche. Dimenticate la macchina: qui si gira a piedi (o in bus) per scoprire le antiche tradizioni gastronomiche, tra cui il salame (la carne viene lavorata rigorosamente a coltello), l’olio o le sardine essiccate al sole su archetti in legno. Ultima tappa al Santuario della Ceriola di Cure, località sulla cima dell’isola a 600 metri d’altitudine con un panorama a 360 gradi su tutto il lago. Uno spettacolo da godere al tramonto, naturalmente con un bicchiere di Franciacorta in mano.

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