“Alle volte ritornano”: in questo caso non si tratta di film horror ma di vitigni dimenticati. Fra i quali c’è sicuramente il Carménère, varietà bordolese una volta molto coltivata ma poi abbandonata in quanto difficilissima da maturare. E ricca di pirazine, i composti chimici che possono dare sensazioni molto “verdi”, cioè vegetali, nei vini. Come nel Friuli dove è stato spesso confuso con il Cabernet Franc. Più positivo il Carménère nel Cile, come ha saputo Antinori nella sua joint-venture laggiù con Haras de Pique – i risultati infatti hanno ispirato la decisione di provarlo a Le Mortelle importante azienda di proprietà nel grossetano. Un successo clamoroso: il nuovo Ampio, 2015, la prima annata commercializzata, è un fulmine a ciel sereno, un vero e proprio rombo di tuono. Metà Cabernet Franc e metà Carménère il vino è un rubino/nerastro scuro come l’inchiostro, potente e penetrante nella sua espressione dei classici profumi bordolesi, ribes nero, grafite, timo e origano, legno dolce. Denso e ricco il palato coniuga ai massimi livelli potenza e corpo carezzevole. Il classico pugno di ferro in guanto di velluto, e offre prospettive veramente interessanti per tutta la bassa costa toscana. Una nota a piè di pagina: il nome, che potrebbe sembrare pretenzioso, deriva invece dal fiume omonimo che attraversa Castiglione della Pescaia, prima di gettare le sue acque nel Mediterraneo.
(Daniel Thomases)
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