I dazi americani, voluti dall’amministrazione Trump, hanno infiammato per mesi le cronache italiane, tra stime di danni, liste di prodotti colpiti e commenti. E al centro, per lo meno del dibattito sull’agroalimentare, ci sono stati i formaggi, che però non sono le uniche “vittime”: ad essere colpiti, e forse più del settore caseario, sono i liquori. Infatti, secondo le rilevazioni di Nomisma, se il 48% dei prodotti colpiti sono relativi a formaggi (in particolare, Parmigiano Reggiano e Grana Padano), un altro 35% attiene a liquori, e più precisamente amari, aperitivi e altre bevande spiritose, vale a dire la categoria di prodotti che sul totale delle importazioni americane di tale tipologia vanta una quota del 17%, terza dopo Francia e Irlanda, e che a differenza di chi ci precede, ha visto crescere le proprie vendite in questo mercato di oltre il 18% nell’ultimo decennio, contro una media di aumento dell’import del 4,5%. Gli Stati Uniti rappresentano, quindi, il secondo mercato di sbocco per le esportazioni tricolori di questi prodotti e che assieme a Germania, Uk e Francia assorbono i due terzi dell’export complessivo di tale categoria, a dimostrazione della strategicità di tale mercato per la sostenibilità economica del tessuto produttivo sottostante.
“Non molti sanno che l’Italia - evidenzia Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma - condivide la leadership mondiale, con la Germania, dell’export di liquori. Nel 2018 abbiamo venduto oltre frontiera qualcosa come 405 milioni di euro di questi prodotti, contro i 445 milioni dei tedeschi ma a differenza loro, le cui esportazioni sono aumentate nel decennio del 37%, le nostre sono cresciute di ben il 47%”.
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